Per una serie di quei motivi particolari che generalmente vengono definiti “coincidenze” mi sono ritrovata a notare qualcosa che era sotto gli occhi, ma che non avevo elaborato.
Sono partita dall’ipotesi di un collegamento non escludibile tra l’origine del capitello corinzio, così come citato nel trattato De Architectura di Vitruvio e la tradizione misterica eleusina attraverso un oggetto sacro rituale chiamato Kalathos, per ritrovarmi poi in una sorta di viaggio visionario.
Prima di inoltrarmi nella vicenda, ritengo dovuto chiarire che tutte le riflessioni, congetture, ipotesi che mi accingo a riportare, partono dalla mia posizione che è esterna all’eleusinità. Non entro nella trattazione dei misteri poiché sarebbe un percorso lungo e molto articolato, non adatto né a me, né alle modeste intenzioni di questo mio scritto e auspico che il gentile lettore ne abbia cognizione dei contenuti essenziali.
Un collegamento accademico tra Kalathos e capitello corinzio esiste ed è di fatto codificato nella struttura canonica del capitello stesso. Con tale nome infatti, viene designata l’anima troncoconica del capitello, come nel seguente schema:
Quindi, in cosa consisterebbe il mio apporto?
Direi che consiste in un viaggio nell’archetipo per approfondirne la valenza simbolica, al quale mi sono sottoposta poiché si è manifestato come uno strumento di crescita personale, compreso lo sforzo fatto nella elaborazione, essendo io ormai molto più avvezza al disegno che non alla scrittura.
Entriamo meglio nella questione.
Il rito eleusino contempla 8 oggetti sacri. Tali hierà, fino al ll° secolo d.C. erano conosciuti solo dagli iniziati che erano vincolati al segreto. Molti di questi oggetti erano considerati come appartenuti a Kore, figlia di Demetra concepita dalla dea per salvare l’umanità dalla schiavitù in cui era caduta dopo che i Titani vennero sconfitti dagli Dei olimpici come citato nella titanomachia di Esiodo (2) – testo, tra l’altro, ripreso nel 1817 da Giacomo Leopardi che ne eseguì un volgarizzamento in 72 endecasillabi sciolti.
Per impedire a Kore di rovesciare il potere di Zeus, costui la fece rapire da Ade, mentre la ragazza raccoglieva fiori in un prato. Tra gli oggetti appartenuti a Kore e considerati dunque sacri, c’è il citato Kalathos, canestro fatto di vimini o di canne, stretto alla base, che si allarga progressivamente fino ad una larga apertura. Veniva usato per riporvi il materiale dei lavori muliebri, sicché divenne l\’emblema dell\’operosità femminile. (da Enciclopedia Treccani online)
Particolare di assoluta importanza, secondo me, è che tra i vari oggetti che vi venivano riposti vi fosse il telaio, del quale spiegherò a breve un singolare collegamento simbolico.
Gli elementi fanciulla-canestro-fiori mi hanno attivato un collegamento con il seguente brano dal De Architectura di Vitruvio:
\”Una vergine di Corinto già matura per le nozze, colpita da una malattia morì. Dopo le esequie la sua nutrice raccolse e mise dentro un cestello gli oggetti che in vita la fanciulla aveva avuti più sacri e portatili sulla tomba li dispose là in cima proteggendoli con una tegola perché potessero durare più a lungo all\’aperto. Casualmente questo cesto era stato deposto sopra una radice di acanto che premuta al centro dal peso del cestello fece sbocciare in primavera foglie e teneri steli; questi crescendo ai lati del canestro furono costretti a ripiegarsi in varie volute, una volta raggiunta la sommità, perché gli angoli sporgenti del tetto ne impedivano la crescita. Allora Callimaco che per la raffinatezza e l\’eleganza della sua arte di scolpire il marmo era chiamato dagli Ateniesi katatexiteknos, passando davanti a quella tomba notò il canestro e le tenere foglie che sbocciavano tutt\’attorno. Piacevolmente colpito da quella nuova forma architettonica la riprese nella realizzazione dei capitelli delle colonne a Corinto e ne fissò l\’insieme delle proporzioni, stabilendo i canoni per la realizzazione delle opere in stile corinzio\”
VITRUVIO, De architectura, Lib. IV, I, 9-10
Il combaciare dei citati elementi fanciulla-canestro-fiori può bastare a supportare la tesi che il capitello corinzio nasca dal canestro di Kore?
A livello di immagine il legame è molto forte.

La fanciulla descritta da Vitruvio era morta, alias discesa nel mondo dei defunti come Kore/Persefone, ma proviamo ad analizzare la possibile posizione iniziatica di Vitruvio.
Una questione non trascurabile, potrebbe essere rappresentata dal fatto che il De Architectura, unico trattato antico sull’architettura giunto fino a noi, venne dedicato da Marco Vitruvio Pollione a Ottaviano Augusto (Ciò posto egli compose questo trattato già vecchio , e lo presentò all’Imperatore qualche tempo dopo aver assunto quelli il nome di Augusto, che fu l’anno xxvii avanti l’Era volgare–M. – VITRUVIO POLLIONE- De architectura, prefazione all’edizione con traduzione e commento del m. Berardo Galiani- Napoli 1758) che, a sua volta, gli aveva concesso un vitalizio. Sappiamo che Augusto era aderente al rito eleusino (come accadde anche per altri imperatori romani – vedi patera di Aquileia). Sappiamo che Vitruvio conosceva il greco. C’era anche un percorso iniziatico comune, tra i due? Al momento non si può né escludere, né confermare, ma solo tenere presente.

Sempre nel De Architectura, vengono espresse le proporzioni del capitello dalle quali si può capire che ci si sta riferendo a una “geometria iniziatica” cioè si evince che i concetti geometrici esposti riguardano un corpo di conoscenze che possiamo definire Sapienziali. Da quanto scrive Vitruvio, queste proporzioni vennero stabilite dall’artista greco Callimaco (da non confondersi con il Callimaco di Cirene che è facilmente individuabile come iniziato eleusino).
E’ possibile ricondurre anche questo Callimaco greco ad una iniziazione ai misteri eleusini?
Di lui si hanno notizie troppo scarse a partire dal luogo di nascita che risulta incerto tra Atene e Corinto. Fu attivo verso la fine del V sec. a.C. ma le sue opere originali non sono giunte fino a noi. Ebbe comunque molta fama anche per la sua caratteristica di “katatexíteknos” cioè colui che rovina la propria opera elaborandola troppo.
Non abbiamo, al momento, altre tracce su di lui.
Passiamo quindi ad esaminare ulteriori indizi inerenti alla nostra ipotesi iniziale.
Un altro elemento da considerare è il seguente: in un articolo di Giorgio Samorini riguardante la porta nord del santuario eleusino, si trova scritto:” La principale caratteristica artistica di questa costruzione della Roma repubblicana consiste in due colossali statue di Cariatidi, di cui si sono conservate le parti inferiori. Una di queste, la meno preservata, è ora conservata presso il Museo Fitzwiliam di Cambridge (Inghilterra), mentre l’altra si trova nel Museo di Eleusi. Scolpite in marmo pentelico, raffigurano due vergini che portano sulla loro testa la cista mistica.”
Eccoci dunque di nuovo davanti all’accostamento degli elementi: Eleusi, fanciulle e kalathos usato con funzione analoga a quella del capitello.
Il quale Kalathos divenne attributo di varie divinità, poiché può essere identificato con il Modius che, per esempio, adorna la testa di Serapide. Qui si innesta un collegamento singolare e per spiegarlo, devo introdurre un altro filo conduttore apparentemente sorto dal nulla.
Ricordando che il capitello corinzio si origina dal canestro avvolto da foglie di Acanto, ho controllato l’etimologia di questo vocabolo, il quale risulta proveniente dal greco ákanthos, derivato di ákantha cioè ‘spina’.
Osservando alcune immagini di Serapide, con l’ attributo Modius/Kalathos vi si trova spesso associata proprio una corona di spine!

Le foglie di Acanto nei capitelli sono dunque assimilabili alla simbologia della corona di spine o corona raggiata?
Altra divinità che presenta il Modius/Kalathos come attributo è Minerva e ciò risulta di particolare interesse poiché la Dea sovrintendeva le Arti utili (Architettura, ingegneria, matematica, Geometria, artigianato, tessitura) ed era considerata l’inventrice dei telai.
Con questo, torna il legame con il Kalathos che ricordiamo essere, tra l’altro, il contenitore dei telai delle ragazze, ma non solo.
Telaio, tessitura, trama, sono termini che mi conducono in un ambito apparentemente lontano e cioè ai Tantra.
Il Tantrayāna («Veicolo dei Tantra») si propone come una forma di gnosticismo, cui partecipa l’intera psiche dell’iniziato. I tantra ne sono i testi sacri, i più antichi dei quali furono redatti circa nel VI° sec. d.C., ma la cui ispirazione è anteriore.
Tantra è un termine sanscrito in scrittura devanāgarī, U : \”telaio\”, \”ordito\”, ma tradotto anche come \”principio\”, \”essenza\”, \”sistema\”, \”dottrina\”, \”tecnica\” per l’espansione della Coscienza, quindi una via iniziatica per la Conoscenza.
Allora si evince che i temi legati al telaio, trama, ordito, tessitura (da cui griglia), si associano archetipicamente alla Conoscenza.
Pensiamo ad altre culture che adottano questa semiotica.
Nei Veda si parla del dio Indra e del suo palazzo che era adorno di una magnifica rete di perle preziose. Ad ogni nodo della rete era attaccata una gemma e ciascuna di esse risultava interdipendente dalla presenza delle altre.
Nella cultura Hopi invece, abbiamo la Nonna Ragno che creò la vita impastando la terra con la sua saliva e modellando due esseri. Quindi, li portò alla vita con il suo canto della creazione, poi tesse la tela delle vite di tutte le razze. La Donna Ragno è un\’importante Dea delle tribù dei nativi Americani del Sudovest. Essa ha creato •secondo il mito- ogni cosa esistente con il suo pensiero sognante donando un nome alle cose.
Dalla tela, intreccio, griglia, si sviluppa il processo creante che permetterà alla Coscienza di ognuno di costruire il proprio bagaglio di Conoscenza.
Sono queste illazioni?
No, affatto. La fisica quantistica supporta completamente questa visione attraverso il modello spaziale di Burkhard Heim. La tela, il tessuto, la rete, la griglia, sono i simboli intercambiabili che rappresentano il tessuto connettivo che struttura il vuoto cosmico. A questo punto prendiamo alcuni temi che abbiamo trattato e mettiamoli in relazione: Kalathos, capitello, Vitruvio, griglia/rete, comunicazione quantistica tra l’uomo e “il vuoto pensante”
Ne esce una chiave di lettura che mi accingo a illustrare.
Nel De Architectura,(5) Vitruvio esegue un’antropomorfizzazione dell’architettura. Più volte spiega le proporzioni di capitelli e colonne paragonandoli a quelle del corpo umano. In sostanza, le colonne con tutte le loro parti strutturanti, vengono comparate ai corpi ( di fanciulle, nel caso degli ordini jonico e corinzio) e i capitelli – come è intuibile anche per assonanza linguistica – ne costituiscono il capo, cioè la testa. In questo punto, si innesca il Kalathos in quanto intreccio, trama. Ricordiamoci, sempre a questo proposito, che abbiamo incontrato anche un linguaggio molto esplicito, quando abbiamo citato cariatidi e divinità che venivano rappresentate con kalathos/modius sul capo.
Ora riprendiamo il riferimento al modello spaziale di Heim che descrive il tessuto connettivo dell’universo, il “luogo” dove si formano le idee. Ebbene, il ricercatore Sabato Scala (SABATO SCALA e FIAMMETTA BIANCHI (2011)- La Fisica di Dio
Uno Editori) ha notato la perfetta sovrapponibilità tra il modello di Heim e la struttura dei neuroni umani, cioè il tessuto connettivo dell’universo è espresso dalle stesse identiche equazioni che rappresentano i nostri neuroni o meglio ancora: la Geometria dell’unità spaziale minima nel modello di Heim coincide perfettamente con la Geometria delle connessioni neurali. Attraverso un determinato processo biochimico che si sviluppa in determinate condizioni, dunque, il nostro corpo è in grado di comunicare quanticamente con il tessuto connettivo dell’universo attraverso la nostra rete neurale.
Non è forse questo che l’intreccio del kalathos/ capitello sta esprimendo da millenni?
Non è forse questo stesso processo comunicativo che, nelle filosofie orientali, viene espresso attraverso il simbolismo
dell’energia kundalini che si srotola lungo la COLONNA vertebrale per raggiungere il settimo Chakra o loto dai mille petali sede della Conoscenza e della Connessione cosmica?
L’Uomo/Colonna architettonica-vertebrale in determinate condizioni biochimiche trasporta la sua informazione quantica fino alla testa/Capitello/Kalathos-intreccio-rete neurale-settimo Chakra (o della Corona) che ha la medesima struttura del sistema connettivo universale-modello metronico-rete di Indra-tela di nonna Ragno–iperurano platonico luogo in cui si formano le idee- cielo delle Enneadi di Plotino e con esso si interconnette per esercitare il proprio potere creativo e sviluppare la propria Coscienza, cioè: avere consapevolezza del proprio pensiero, avere capacità di apprendere dalle proprie esperienze, percepire le modificazioni della propria mente.
L’Acanto-corona di spine esprime questa capacità attivata.

A presto
Appendice: Geometria dei cesti di giunchi




