ARCA DI GABRIELE (ALLEANZA)ARCA DI GABRIELE (ALLEANZA)

Il continente Antartico è noto soprattutto, nell’immaginario collettivo, per le sue condizioni estreme: il freddo e le temperature che possono superare i -70°, le tormente e i venti che soffiano fino a 330 km/h, i lunghi inverni senza Sole, l’altitudine, l’aridità, il rivestimento da parte di spesse calotte di ghiaccio che ne fanno l’area più inospitale dell’intero pianeta, e i panorami sterminati che ne conseguono e che si distendono su una superficie di ben quattordici milioni di chilometri quadrati.
Scoperto dagli europei soltanto nella seconda metà del XVIII° secolo, anche se presente – come vedremo – in molte antiche carte geografiche, il continente Antartico è stato esplorato soltanto a partire dalla metà dell’800 ed è ancora oggi ben lungi dall’essere stato perlustrato nella sua interezza. In base al Trattato Antartico del 1959, firmato a oggi da quarantasei paesi, l’Antartide non appartiene territorialmente ad alcuna nazione, può essere utilizzato esclusivamente per scopi pacifici e vi sono vietate le attività di sfruttamento economico e di tipo militare. Il Trattato vieta dunque le attività militari e minerarie, sostiene la ricerca scientifica e si fa garante della protezione delle ecozone del continente. Sono ufficialmente in corso in Antartide esperimenti condotti da più di 4000 scienziati di varie nazionalità, fra cui anche Italiani, Russi e Statunitensi, e con diversi interessi di ricerca. Sempre in base al Trattato sono inoltre sospese tutte le rivendicazioni territoriali di diversi paesi: tali rivendicazioni coprono l’intero territorio a eccezione del Territorio non rivendicato da 90° Ovest a 150° Ovest e sono relative ad Argentina, Australia, Cile, Francia, Nuova Zelanda, Norvegia e Regno Unito.
Questa la situazione “ufficiale” di quella che è, di fatto, una terra assolutamente inaccessibile, preclusa al turismo (se non in una minima sua parte prospicente la Patagonia) e addirittura interdetta al traffico marittimo e aereo. Una terra in cui, in aperta contraddizione con il Trattato Antartico, la presenza militare si è fatta negli ultimi anni sempre più ingente e in cui si verificano spesso, a detta di attendibili testimoni, fenomeni inspiegabili, anomalie magnetiche e avvistamenti di inquietanti presenze e di oggetti volanti non identificati. Una terra, insomma, ricca di enigmi e misteri, nota agli indagatori dell’ignoto per la presenza sul suo territorio, dagli anni ’30 fino a tutta la IIª Guerra Mondiale, di imponenti basi militari e istallazioni sotterranee realizzate dalla Germania di Hitler e per la controversa Operazione Highjump (ufficialmente chiamata The United States Navy Antarctic Developments Program 1946-47), formalmente una missione esplorativa antartica organizzata dal Contrammiraglio Richard Evelyn Byrd della U.S. Navy e comandata da Richard Cruzen, ma in realtà una vera e propria operazione di guerra finalizzata all’espugnazione e alla conquista di basi militari tedesche ancora pienamente operative a distanza di oltre un anno dalla fine del secondo conflitto mondiale. L’operazione ebbe inizio il 26 Agosto 1946 e continuò sino al 1947, impiegando 4.700 uomini, tredici navi e diversi aerei. Potremmo poi parlare a lungo delle esplorazioni condotte in Antartide dallo stesso Contrammiraglio Byrd e delle rivelazioni di quest’ultimo, addirittura in interviste televisive, dell’esistenza nel Sesto Continente di immense aree verdi dal clima temperato e dei suoi incontri con una razza aliena altamente civilizzata stanziata nelle profondità del sottosuolo, messi nero su bianco nei suoi diari. Nel 1947 Byrd compì un volo esplorativo al Polo che ancora oggi non manca di suscitare una serie di domande a cui la scienza ufficiale fatica a rispondere. Spintosi 1.700 miglia “oltre” il Polo geografico, cominciò a notare una trasformazione radicale dell’ambiente sorvolato che lo lasciò stupefatto. L’ammiraglio Byrd raccontò di essersi addentrato nei cieli di un territorio verdeggiante, un ambiente totalmente diverso da quello ghiacciato e inospitale che ci si sarebbe aspettato. A terra era possibile osservare una vegetazione lussureggiante e rigogliosa tipica di territori con temperature medie molto superiori a quelle che caratterizzano il rigido clima polare. Le osservazioni dell’ammiraglio non si limitarono alla sola flora: nel diario di bordo annotò di aver osservato un animale dalla stazza notevole, simile ai mammut dell’età preistorica, che si muoveva nella vegetazione sottostante.

Il Contrammiraglio Richard Evelyn Byrd in una foto degli anni ’40

Questo annotò Byrd nei suoi diari: «Devo scrivere questo diario di nascosto e in assoluta segretezza. Riguarda il mio volo antartico del 19 Febbraio dell’anno 1947. Verrà un tempo in cui la razionalità degli uomini dovrà dissolversi nel nulla e si dovrà allora accettare l’ineluttabilità della Verità. Io non ho la libertà di diffondere la documentazione che segue, forse non vedrà mai la luce, ma devo comunque fare il mio dovere e riportarla qui con la speranza che un giorno tutti possano leggerla, in un mondo in cui l’egoismo e l’avidità di certi uomini non potranno più sopprimere la Verità». (…) «…Distese di ghiaccio e neve sotto di noi, notate delle colorazioni giallognole con disegni lineari. Alterata la crociera per un migliore esame di queste configurazioni colorate, notate anche colorazioni violacee e rossastre». (…) «…Sia la bussola magnetica che la girobussola cominciano a ruotare e ad oscillare, non ci è possibile mantenere la nostra rotta con la strumentazione. Rileviamo la direzione con la bussola solare, tutto sembra ancora a posto. I controlli sembrano lenti nel rispondere e nel funzionare, ma non c’è indicazione di congelamento». (…) «…29 minuti di volo trascorsi dal primo avvistamento dei monti, non si tratta di un’allucinazione. È una piccola catena di montagne che non avevamo mai visto prima». (…) «…Oltre le montagne vi è ciò che sembra essere una vallata con un piccolo fiume o ruscello che scorre verso la parte centrale. Non dovrebbe esserci nessuna valle verde qua sotto! C’è qualcosa di decisamente strano e anormale qui! Dovremmo sorvolare solo ghiaccio e neve! Sulla sinistra ci sono grandi foreste sui fianchi dei monti. I nostri strumenti di navigazione girano ancora come impazziti». (…) «…Altero l’altitudine a 1400 piedi ed eseguo una sterra virata completa a sinistra per esaminare meglio la valle sottostante. È verde con muschio ed erba molto fitta. La luce qui sembra diversa. Non riesco più a vedere il Sole. Facciamo un altro giro a sinistra e avvistiamo ciò che sembra essere un qualche tipo di grosso animale. Assomiglia ad un elefante! No!!! Sembra essere un mammuth! È incredibile! Eppure è così! Scendiamo a quota 1000 piedi ed uso un binocolo per esaminare meglio l’animale. È confermato, si tratta di un animale simile al mammuth». (…) «…Incontriamo altre colline verdi. L’indicatore della temperatura esterna riporta 24 gradi centigradi. Ora proseguiamo sulla nostra rotta. Gli strumenti di bordo sembrano normali adesso. Sono perplesso circa le loro reazioni. Tento di contattare il campo base. La radio non funziona». (…) «…Il paesaggio circostante sembra livellato e normale. Avanti a noi avvistiamo ciò che sembra essere una città!!! È impossibile! L’aereo sembra leggero e stranamente galleggiante. I controlli si rifiutano di rispondere! Mio Dio!! Alla nostra destra e alla nostra sinistra ci sono apparecchi di uno strano tipo. Si avvicinano e qualcosa irradia da essi. Ora sono abbastanza vicini per vedere i loro stemmi. È uno strano simbolo. Dove siamo? Cosa è successo? Ancora una volta tiro decisamente i comandi. Non rispondono!!! Siamo tenuti saldamente da una sorta di invisibile morsa d’acciaio».

Il diario del Contrammiraglio Byrd prosegue ancora per diverse pagine, con particolari e resoconti sempre più incredibili e inquietanti, sui quali avremo modo di tornare nel contesto di altri articoli.
Tornando ai nostri tempi, da svariati anni si susseguono, prevalentemente su Internet, notizie – non sempre verificabili – della scoperta o dell’avvistamento in Antartide di antiche rovine, tratti di mura megalitiche, antiche strutture di fattura chiaramente artificiale e addirittura piramidi. Esiste a riguardo un vastissimo repertorio di fotografie e immagini satellitari, anche se non vi sono però state delle conferme ufficiali da parte dell’establishment archeologico, chiaramente molto restio ad accettare anche solo l’idea della passata esistenza di una civiltà preistorica sconosciuta nel continente tutt’oggi meno conosciuto e accessibile della Terra. Eppure, molte di queste foto dovrebbero farci riflettere, in quanto mostrano inequivocabili artefatti umani.

La Carta di Piri Reis

La Carta di Piri Reis

L’idea che il continente antartico, anticamente privo della coltre di ghiacci che oggi lo sovrasta, possa essere stato in un remoto passato la sede di una civiltà avanzata al punto di aver eseguito una dettagliata mappatura dell’intero pianeta, avvalendosi di avanzate conoscenze astronomiche e padroneggiando i mari con le proprie flotte, si è fatta strada già nella prima metà del ‘900, con gli esami condotti sulla celebre Mappa di Piri Reis, rinvenuta nel 1929 a Istanbul durante dei lavori di ristrutturazione del Palazzo Topkapi. Ḥājji Muhyieddin Piri Ibn Ḥājjī Meḥmed, meglio noto come Piri Reis, fu un celebre ammiraglio della flotta ottomana, vissuto fra il XV° e il XVI° secolo, nonché autore di un portolano del Mediterraneo e di una dettagliatissima mappa del mondo, nella quale egli fuse e condensò, oltre alle conoscenze geografiche del suo tempo, antiche nozioni di Geografia e Cartografia provenienti dalla tradizione araba e da quella greco-alessandrina. Tale mappa mostra inequivocabilmente i contorni dell’America Meridionale e della costa dell’Antartide come si presentavano oltre diecimila anni fa, quando il livello degli oceani era molto più basso e buona parte del territorio antartico era caratterizzato da un clima più mite e, soprattutto, era privo della calotta glaciale che oggi lo ricopre, spessa in alcuni tratti anche migliaia di metri. Ad alimentare l’idea sono state poi sicuramente le ricerche e le scoperte di Charles Hapgood, uno storico statunitense, ideatore della Pole Shift Theory (Teoria dello Slittamento Polare), ex agente dell’intelligence e grande conoscitore dell’antica cartografia, che nel 1966, dopo essersi a lungo occupato della Mappa di Piri Reis, pubblicò la sua opera più celebre: Maps of the Ancient Sea Kings: Evidence of Advanced Civilization in the Ice Age. Un saggio dirompente e ancora oggi molto attuale in cui, prendendo in esame molte antiche carte geografiche di epoca medioevale e rinascimentale ispirate a carte più antiche di età greco-romana, presentava le evidenze di un’antica civiltà marinara che oltre diecimila anni fa avrebbe esplorato e mappato tutto il mondo. Una civiltà che Hapgood riteneva fosse sorta e si fosse evoluta proprio nel continente Antartico quando questo era ancora libero dai ghiacci. Le sue teorie furono riprese e condivise nel 1974 in Italia dall’Ingegner Flavio Barbiero, Ammiraglio della Marina Militare, con il suo saggio Una civiltà sotto ghiaccio, e, nel 1994, dallo studioso Canadese Rand Flem-Ath, che con Hapgood è stato a lungo in contatto fino alla morte di quest’ultimo nel 1982. Ma i saggi di Flem-Ath, da When the Sky Fell in avanti, sono sempre stati incentrati sull’errata convinzione che l’ipotetica civiltà un tempo esistita in Antartide fosse da identificare con l’Atlantide, portando così molti studiosi che si sono ispirati alle sue idee e ai suoi libri decisamente fuori strada e inculcando in essi la convinzione – sbagliatissima dal mio punto di vista – che non sia esistita alcuna grande civiltà nell’Atlantico settentrionale e che le ricerche su Atlantide debbano essere concentrate esclusivamente sull’Antartide.

Occorre anche ricordare che, secondo quanto è stato rivelato alcuni anni fa da Paolo Rumor nel suo controverso saggio L’Altra Europa, Hapgood avrebbe fatto parte della “Struttura” (come nei documenti dell’archivio Rumor essa viene menzionata), una segretissima organizzazione sovranazionale e al contempo una vera e propria elite di potere occulto le cui radici ed origini affonderebbero molto indietro nel tempo, addirittura ad un’epoca immediatamente successiva al secondo grande impatto cometario che nel 9600 a.C. spazzò via la civiltà atlantidea e altre grandi civiltà ad essa contemporanee e cambiò per sempre l’assetto delle terre emerse. Lo stesso impatto cometario che causò anche il repentino congelamento dell’Antartide, annientando ogni ipotetica civiltà che vi risiedesse. E Hap-good, secondo indiscrezioni che mi sono state riferite ma che non sono in grado di verificare o confermare, sarebbe stato eliminato nel 1982 proprio da tale “organizzazione”, che lo avrebbe fatto investire a tutta velocità da un’automobile pirata poi dileguatasi, perché le sue ricerche e le sue rivelazioni si stavano spingendo ben oltre il consentito, rischiando di mettere in pericolo la stessa “Struttura”.

In ogni modo, da tutta una serie di notizie che stanno filtrando attraverso il muro di silenzio delle autorità accademiche (o che vengono di proposito fatte filtrare, come molti stanno ipotizzando), un’antica civiltà nel continente Antartico pare proprio essere realmente esistita. Da alcuni anni si stanno susseguendo, a ritmo sempre più accelerato, le notizie della scoperta di antiche strutture artificiali che emergono dai ghiacci antartici o che verrebbero individuate al di sotto di essi grazie a immagini aeree o satellitari. E molti insider della N.A.S.A., pur trincerandosi dietro l’anonimato, stanno confermando a più riprese l’esistenza di enormi strutture e antichi agglomerati urbani sepolti sotto la calotta glaciale e individuati grazie alle immagini riprese dalla Stazione Spaziale Internazionale. E perfino grazie a Google Earth, nonostante che le immagini dell’Antartide caricate in tale programma siano state in buona parte deliberatamente sfocate o “sbianchettate” con Photoshop per nascondere alcuni particolari scomodi, vengono continuamente individuate da privati ricercatori interessanti anomalie e strutture artificiali emergenti dal ghiaccio e dalla neve. Ne riportiamo in fotografia alcuni recenti esempi.

L’enigmatica statuetta rinvenuta in Antartide mostrata da Nicola Bizzi a un convegno di Firenze nel 2019

L’enigmatica statuetta rinvenuta in Antartide mostrata da Nicola Bizzi a un convegno di Firenze nel 2019

Considerata l’impressionante mole di queste notizie e scoperte, la sensazione è quella che molte di esse siano “concordate” e “pianificate” e che ci si possa trovare davanti ad un elaborato progetto di disclosure, mirante a preparare gradualmente l’opinione pubblica a possibili imminenti rivelazioni ufficiali. Ma, se così è, l’esperienza ci insegna che ogni progetto di disclosure, secondo strategie mediatiche da tempo elaborate dall’intelligence di molti paesi, in primis gli Stati Uniti d’America, prevede la diffusione di notizie autentiche accompagnata da quella di vere e proprie “fake news” confezionate ad arte per confondere le acque o per istillare comunque il dubbio. E non è certo facile districarsi in una simile selva di informazioni se non si usano la prudenza e il raziocinio. Prenderemo qui in esame alcune di queste notizie, premettendo che non sempre ci è stato possibile verificarle.
Uno di questi misteri legati all’Antartide riguarderebbe la scoperta, nei pressi del lago subglaciale Vostok (da anni oggetto di studio da parte degli scienziati della Federazione Russa), addirittura di un’intera città preistorica molto estesa, da millenni ricoperta da una spessa coltre di ghiacci. Sono circolate in merito in rete molte notizie, anche contraddittorie, tutte comunque riconducibili o successive all’annuncio che ne avrebbe fatto nel 2002 una troupe televisiva della California che, dopo aver girato dei video degli scavi senza preventiva autorizzazione, sarebbe misteriosamente scomparsa. Si sono subito rincorse voci secondo le quali questi giornalisti sarebbero stati tratti in arresto da militari (non è chiaro se Russi o Statunitensi) e che sarebbero tutt’oggi segregati in una delle tante basi di ricerca disseminate sul vasto territorio antartico. Nessuna emittente televisiva californiana ha però ufficialmente confermato di aver ingaggiato tale troupe per inviarla in Antartide, né tantomeno ne ha denunciato la scomparsa. Cosa peraltro comprensibile se la vicenda fosse stata effettivamente secretata e se l’emittente in questione avesse ricevuto minacce o fosse stata “persuasa” a tacere, magari dietro un forte compenso economico (non sarebbe certo la prima volta!).
Una notizia circolata in rete lo scorso anno e ripresa anche da vari siti italiani, fra cui Segni dal Cielo, ha riportato che fonti interne alla Marina degli Stati Uniti avrebbero sostenuto di aver “casualmente” ritrovato un video girato dalla troupe scomparsa in una “discarica abbandonata” a circa 160 chilometri ad Ovest della stazione antartica Vostok, dove operano da molti anni scienziati russi. Sempre secondo questa notizia, dopo tale ritrovamento, un portavoce del Governo degli Stati Uniti avrebbe dichiarato che «il Governo cercherà di bloccare la messa in onda di un video, trovato dai soccorritori della Marina in Antartide, che rivela presumibilmente che un imponente scavo archeologico di tre chilometri quadrati è in corso al di sotto dei ghiacci». E la cosa non finisce qui: due ufficiali della Marina americana avrebbero in seguito riferito ai ricercatori della National Science Foundation (un’agenzia governativa degli Stati Uniti che sostiene la ricerca e la formazione di base in tutti i campi non-medici della scienza e dell’ingegneria e che opera effettivamente da svariati anni in Antartide) di aver visionato il video in questione, confermando che esso mostrava «spettacolari rovine e altre cose che non eravamo in grado di specificare».

In questa e nell’immagine precedente, evidenze di mura rettilinee lunghe centinaia di metri e strutture artificiali emergenti dal ghiaccio antartico rilevate con Google Earth

Ora, a parte la quantomeno insolita presenza di una “discarica abbandonata” in un’area, quella indicata, in cui ufficialmente non dovrebbe esserci alcuna stabile presenza umana, e il fatto che il video della fantomatica equipe giornalistica vi sia stato “casualmente” trovato, premesso che non ho avuto modo di verificare né l’attendibilità né tantomeno l’autenticità del presunto comunicato di questo altrettanto presunto esponente del Governo americano, non posso fare a meno di pormi alcune domande. Se sono gli scienziati statunitensi stanziati in Antartide, o comunque archeologi che operano in concerto con le Forze Armate, a effettuare tali scavi, sicuramente con il beneplacito o su mandato dello stesso Governo degli Stati Uniti o di qualche specifica agenzia governativa, e se la cosa – come tutto farebbe supporre – è stata secretata e resa quindi inaccessibile ai media e al pubblico, che interesse potrebbe mai avere lo stesso Governo degli Stati Uniti a spingere un proprio portavoce a diramare un enigmatico comunicato in cui la notizia viene di fatto ammessa e confermata? Domande che temo resteranno a lungo senza una risposta.
Passiamo adesso ad una notizia ancora più recente. Il 23 Gennaio del 2019, Linda Moulton Howe, una stimata giornalista e saggista statunitense, vincitrice anche di un Emmy Award per l’informazione giornalistica, ha rilasciato pubblicamente un video con la testimonianza di un nuovo informatore, in cui si parla di una missione altamente riservata in una grande struttura sepolta trovata in Antartide. L’informatore, un ufficiale delle forze speciali della U.S. Navy (Navy Seals) oggi in congedo, è stato intervistato per la prima volta dalla Howe il 19 Luglio 2018 in una ripresa in cui ha chiesto che il suo volto venisse oscurato e che la sua voce venisse alterata. Ha usato inoltre lo pseudonimo di “Spartan 1” per proteggere ulteriormente la propria identità. Linda Moulton Howe ha affermato di aver comunque avuto modo di verificare in privato le credenziali dell’informatore, accertando che si tratta effettivamente di un ex militare con un brillante curriculum alle spalle.
Questo informatore ha in sintesi affermato di essere entrato, nel corso di una missione segreta condotta nel 2003, all’interno di una antica e enorme struttura di forma ottagonale nell’area del ghiacciaio Beardmore, una struttura chiaramente artificiale che era stata individuata tempo prima grazie all’impiego di sofisticate apparecchiature di scansione del ghiaccio e che si estendeva in profondità per decine di metri, fino al livello del suolo sottostante la calotta ghiacciata.
In precedenza, la Howe aveva già rilasciato la testimonianza di un altro informatore militare qualificatosi come “Brian”, un ingegnere di volo della Marina degli Stati Uniti che dichiarò di aver svolto numerose missioni di supporto con l’Antarctic Development Squadron dal 1983 al 1997. In tale testimonianza questo militare dichiarò di aver personalmente rilevato una serie di anomalie che indicavano strutture nascoste situate in profondità sotto le calotte glaciali dell’Antartide. Affermò inoltre di essere stato testimone dell’avvistamento di dischi di colore argenteo che sorvolano le Montagne Transantartiche, non così lontano, come ha fatto in seguito notare la Howe, da dove l’ufficiale di Marina protagonista della nuova testimonianza, avrebbe condotto la sua missione.

Presunte piramidi e strutture artificiali individuate in Antartide

Ma vediamo di ricapitolare quanto dichiarato da “Spartan 1”: nel 2003 una squadra della Special Operation Navy Seal U.S. si sarebbe recata in Antartide, chiamata ad indagare – presumibilmente per ordine del proprio comando – su una struttura ottagonale, con otto lati perfettamente geometrici, scoperta da un radar a penetrazione del suolo nei pressi del ghiacciaio Beardmore, circa 93 miglia (150 km.) dalla stazione antartica americana di McMurdo. Una squadra di ingegneri e scienziati aveva precedentemente scavato lo spesso strato di ghiaccio, riuscendo così a rendere parzialmente accessibile lo strato superiore della struttura, descritta come costruita con un materiale scuro simile a “basalto” o “marmo nero lucido” e vi avrebbe aperto un varco sufficientemente grande per consentire a degli uomini di penetrarvi. Nel video, “Spartan 1” racconta che la sua missione ha avuto inizio dopo un viaggio su una portaerei che lo avrebbe trasportato, insieme agli uomini della sua squadra, fino alla costa prospicente il Mare di Ross, nell’Antartide occidentale. Venne in seguito trasportato in elicottero fino alla stazione di McMurdo, la più grande base americana in Antartide, e quindi condotto via terra fino alla posizione della struttura. Il Navy Seal in congedo ha descritto le pareti della struttura come molto spesse e ha stimato l’altezza del soffitto dell’ambiente in cui era riuscito a penetrare in circa sette metri. Tutto, sia le pareti che il soffitto e il pavimento, appariva realizzato nel medesimo materiale nero lucido poc’anzi descritto. L’interno della struttura era inspiegabilmente riscaldato, con una temperatura di circa 20-22 gradi Celsius e una luminescenza verde, che sembrava emanata sia dal soffitto che dal pavimento, permetteva di vedere distintamente senza l’ausilio di torce elettriche.
A detta di “Spartan 1”, al momento della sua missione, solo una porzione della parte superiore della misteriosa struttura era stata liberata dai ghiacci, ma essa proseguiva visibilmente al di sotto dello strato di ghiaccio per decine di metri, fino al livello del suolo. E la sommità, apparentemente piatta e, come abbiamo detto, di forma ottagonale, aveva una superficie stimata, con l’ausilio del radar di penetrazione, di circa 62 acri (500 metri quadrati). In sintesi, quindi, una vera e propria torre ottagonale risalente a un’epoca antica del tutto imprecisata, sicuramente a quando quell’area era libera dai ghiacci. Altro particolare interessante rivelato da “Spartan 1” era la presenza, all’interno della struttura, di enigmatici geroglifici che ricoprivano sia le pareti che le porte; geroglifici alti circa venti centimetri e profondi circa cinque, finemente scolpiti nella liscia roccia nera, descritti come diversi da tutti quelli dell’antichità ufficialmente noti, ma comunque vagamente simili sia a quelli egizi che a quelli maya.

Ricostruzione astronomica del sistema della stella Tau Ceti

Uno degli scopi della missione, come “Spartan 1” ha rivelato nel video, era anche verificare che la struttura non presentasse rischi o pericoli, poiché la sua squadra aveva avuto l’incarico di scortarvi all’interno un gruppo di scienziati che avrebbero documentato l’edificio sepolto e i simboli geroglifici al suo interno, facendo fotografie e compiendo i necessari rilievi.
Sempre nel video, il militare ha dichiarato di essere stato successivamente informato in via confidenziale da un proprio superiore che la struttura ottagonale era stata molto probabilmente costruita da un gruppo di extraterrestri dall’aspetto umano, coinvolti nell’ingegneria genetica dell’umanità. Viene a questo punto spontaneo e inevitabile pensare ai Phykkhe’sh Tau, quella stirpe aliena dalle caratte-ristiche umanoidi e dalla pelle azzurra originaria del sistema della stella Tau Ceti, che secondo antiche fonti misteriche della Tradizione Eleusina sarebbe arrivata sulla Terra attorno al 90.000 a.C., insediandosi dell’emisfero occidentale e dando inizio a un processo di natura genetica che avrebbe portato alla creazione del ceppo umano Cro-Magnon. Quella stessa stirpe aliena che, sempre secondo certe fonti misteriche, sarebbe stata anche all’origine della primaria civiltà atlantidea. Alcuni testi misterici tramandati dalle Scuole Eleusine riferiscono che essa utilizzava una scrittura geroglifica e che era solita realizzare le proprie costruzioni con un materiale nero e lucido simile alla diorite. Anche la forma ottagonale della struttura antartica avrebbe inoltre una familiarità con tale razza aliena, in quanto essa aveva una particolare matematica basata sul numero 8.

Disegno diffuso da vari siti internet, raffigurante un presunto scavo archeologico segreto in Antartide

Il precedente testimone di Linda Moulton Howe, “Brian” avrebbe dichiarato in alcune interviste di essere al corrente dell’esistenza di certe “strutture” sotto i ghiacci antartici, ma di non esservi mai penetrato. Vi sono stati però, successivamente, altri due personaggi che hanno contattato la Howe, non trincerandosi dietro l’anonimato, ma qualificandosi con nomi e cognomi: Corey Goode e Pete Peterson. Non ho potuto verificare se si tratti dei loro veri nomi oppure di nomi di fantasia, ma dal materiale disponibile online si tratterebbe di persone assai bene informate e in qualche modo coinvolte con certe operazioni segrete condotte in Antartide dalle forze armate statunitensi. Entrambi, infatti, avrebbero confermato di aver personalmente visto e studiato antichi reperti e strutture artificiali durante la loro permanenza in Antartide. Goode, in particolare, ha sostenuto di essere stato coinvolto, fra il 2016 e il 29017, in un’equipe incaricata di studiare i resti di un’antica civiltà umanoide individuati al di sotto della calotta glaciale e tutt’oggi oggetto di sistematici scavi secretati e di aver addirittura visto alcuni corpi ibridi alieno-umani congelati estratti durante tali scavi, corpi che molto probabilmente facevano parte di sperimentazioni genetiche su vasta scala condotte da una razza extraterrestre di tipo umanoide molti millenni fa. Peterson, dal canto suo, sostiene di essere stato condotto in Antartide nell’ambito di alcune missioni segrete, con l’incarico di studiare le tecnologie avanzate rinvenute all’interno di tre “navi madre” sepolte sotto il ghiaccio. In sintesi, secondo quanto dichiarato da Linda Moulton Howe, la testimonianza indipendente di “Spartan 1” corrobora elementi importanti di ciò che Goode e Petersen hanno descritto e di ciò che altri studiosi sostengono essere nascosto sotto i ghiacci dell’Antartide.
Ma non finisce qui. Andrò adesso a parlarvi degli aspetti più inquietanti della vicenda “Antartide” e di incredibili risvolti politici, scientifici e religiosi che essa avrebbe avuto negli ultimi anni. Una storia che potrebbe sembrare tratta da un romanzo di fantascienza o da un film di Indiana Jones, ma della quale ho ricevuto piene e autorevoli conferme e che si ricollega, in un certo qual modo, con la statuetta che ho mostrato al pubblico presente a Firenze il 26 Gennaio 2019 al Convegno La Genesi delle Antiche Civiltà.
Secondo numerose e diverse fonti che sostanzialmente concordano nei dettagli, fra l’11 e il 12 Settembre del 2015, nel corso di uno scavo nei sotterranei della Grande Moschea della Mecca, in Arabia Saudita, un gruppo di operai avrebbe riportato alla luce un antico manufatto, identificato come l’”Ar-ca di Gabriele”, risalente al tempo del Profeta Maometto. Nel tentativo di rimuovere l’”Arca” dalla propria collocazione ben quindici operai coinvolti nell’operazione sarebbero morti folgorati da una imprecisata “energia”, a quanto pare una forte scarica di plasma, improvvisamente emanatasi dal ma-nufatto. L’esplosione sarebbe stata così violenta da uccidere anche 107 ignari pellegrini che si trovavano al piano superiore, all’interno del complesso dell’edificio sacro. Vittime reali, di cui – lo ricordo bene – parlarono all’epoca tutti i telegiornali, anche se le autorità saudite, non potendo certo dire o forse neanche comprendere la verità e sicuramente ancora sconvolte e incredule per quanto era successo, furono costrette dalle circostanze ad attribuire a cause accidentali. La versione ufficiale, diramata alla stampa e alle televisioni, fu quindi che un incidente cantieristico nel sottosuolo della Moschea avrebbe scatenato il panico in superficie, provocando un fuggi-fuggi culminato nella carneficina. Molti giornali però diffusero il giorno successivo fotografie di insoliti fulmini rossi e violacei che si erano scatenati nel cielo sopra la Grande Moschea al momento dell’incidente, cielo fino a pochi istanti prima assolutamente terso e senza nuvole.
Neanche una quindicina di giorni dopo il primo tentativo di rimuovere questo misterioso “dispositivo/arma”, un altro tentativo sarebbe stato fatto il 24 Settembre, ma questo avrebbe causato un incidente ancora più grave: un’altra violenta scarica di plasma avrebbe provocato secondo alcune fonti ben quattromila vittime, una parte delle quali morte all’istante, come fulminate, e le altre rimaste schiacciate dalla folla terrorizzata e in preda al panico. Chiaramente, per le autorità saudite, nei comunicati ufficiali la causa di questo nuovo incidente fu formalmente attribuita solo alla fuga precipitosa di una folla di pellegrini spaventati e senza controllo. Ma spaventati da chi o da cosa? Questo, nei comunicati, non lo hanno mai chiarito.
Una volta resisi conto della situazione e compresa la vera natura e pericolosità, del “manufatto”, i Sauditi, soprattutto consci della loro impossibilità di gestire o controllare un simile oggetto di potere, decisero di rivolgersi segretamente ai Russi. Ma, si badi bene, non solo alle autorità politiche della Federazione Russa, ma anche e soprattutto alle sue massime autorità religiose, la Chiesa Ortodossa, e alla massima autorità di quest’ultima, il Patriarca Kirill.

Confronto fra il fulmine che ha colpito la cupola della Basilica di San Pietro a Roma l’11 Febbraio 2013, giorno delle forzate dimissioni di Benedetto XVI°, e uno dei numerosi fulmini scatenatisi sulla Grande Moschea della Mecca l’11 Settembre 2015

Secondo quanto è trapelato (o meglio, secondo quanto è stato fatto trapelare), il Patriarca Kirill sarebbe stato contattato direttamente dagli emissari della suprema autorità religiosa che custodisce e amministra i luoghi santi della Mecca, poiché soltanto lui avrebbe avuto, come spiegherò, le informazioni necessarie per mettere in sicurezza l’Arca di Gabriele, un oggetto “di potere” non umano che secondo la Tradizione Islamica il Profeta Maometto avrebbe ricevuto direttamente dall’Arcangelo Gabriele (Gavri’El, in Ebraico גַּבְרִיאֵל, in Arabo Jibrīl o Jibraeil), il cui nome significa letteralmente “Uomo di El”, “Uomo forte di El”, “Forza di El”, “Fortezza di El”, “El è stato forte”, tradotto nelle varie versioni dell’Antico Testamento come “Potenza di Dio” o “Dio è forte”. Da notare che Gabriele è nella Tradizione Cristiana (Nuovo Testamento) l’emissario di Dio che avrebbe annunciato a Zaccaria la nascita del figlio Giovanni Battista e a Maria di Nazareth la nascita di Gesù Cristo (Luca, 1:11-20). Nella Tradizione biblica (Vecchio Testamento) è il primo ad apparire nel Libro di Daniele. Viene inoltre menzionato come “la mano sinistra di Dio”, è rappresentato come l’“Angelo della Morte”, o l’”Angelo del Fuoco”, ed è indicato come colui che diresse la punizione divina contro Sodoma. Il Talmud lo descrive come l’unico angelo che può parlare il Siriaco e il Caldeo. Una figura, quindi, decisamente inquietante, che pochi nell’antichità avrebbero voluto trovarsi davanti. Nella Tradizione Islamica assume una grandissima importanza, perché è stato il tramite attraverso cui il Dio Allāh avrebbe rivelato a Maometto il Sacro Corano, in una grotta della Jabal Al-Nour (letteralmente “Montagna di Luce”), una collina rocciosa di 642 metri che si erge nei pressi della Mecca. Sempre secondo la Tradizione Islamica, Jibrīl/Gabriele, nella medesima grotta, chiamata Hira, avrebbe affidato alle cure di Maometto anche una “scatola/arca” di immenso potere, vietandone però l’uso, in quanto essa apparteneva soltanto a Dio, e incaricandolo di seppellirla in un santuario al “luogo di culto utilizzato dagli Angeli prima della creazione dell’uomo”, fino a quando in futuro sarebbe stata riscoperta nel giorno di Yawm Al-Qiyamah o Qiyamah, che letteralmente significa “Giorno della Risurrezione“. Gabriele avrebbe inoltre lasciato a Maometto delle particolari “istruzioni” per la gestione dell’Arca, trascritte in seguito in un manoscritto islamico noto come “Istruzioni di Gabriele a Maometto”.

L’Arcangelo Gabriele con il Profeta Maometto in una antica miniatura islamica

A quanto pare, tale manoscritto risultava custodito, fino al 1204, nella Basilica di Santa Sofia a Costantinopoli e sarebbe stato messo in salvo proprio in quell’anno dai monaci durante il saccheggio della stessa Basilica da parte dei “Latini” della Quarta Crociata e segretamente trasportato in Russia, dove è stato fino ad oggi custodito dalla Chiesa Ortodossa. E questo spiegherebbe perché le autorità saudite non abbiano perso tempo a contattare il Patriarca Kirill, il solo al mondo che detenesse le “istruzioni” per mettere in sicurezza l’”Arca”.

Il Patriarca Kirill in Antartide

Quando il Presidente Putin è stato informato di questa grave situazione, il 27 Settembre, appena tre giorni dopo il secondo spaventoso “incidente” della Mecca, una volta definiti dei precisi accordi segreti con le autorità saudite, avrebbe immediatamente ordinato di pianificare quella che molto probabilmente è stata la spedizione navale più anomala e misteriosa che la storia recente ricordi. Avrebbe così salvato l’Arabia Saudita da una situazione e da una minaccia che essa non era più in grado di gestire o di controllare, ottenendo però un’importante contropartita: un tacito via libera per l’operazione militare russa in Siria in difesa del legittimo Presidente Bashar Al Assad e una immediata interruzione dei finanziamenti wahabiti alle formazioni terroristiche che stavano mettendo a ferro e fuoco il paese mediorientale. Tre giorni dopo, il 30 Settembre del 2015, le forze aeree iniziarono così a bombardare pesantemente i terroristi dell’Isis e le altre formazioni islamiche antigovernative. E alcuni satelliti militari venivano appositamente lanciati in orbita per garantire la sicurezza della spedizione navale che i Russi stavano allestendo.
Non molti giorni dopo, una nave russa attrezzata per le ricerche oceanografiche, la Admiral Vladimirski, ormeggiò nel porto saudita di Gedda, non distante dalla Mecca, con a bordo un insolito e variegato equipaggio, composto da funzionari politici e diplomatici, militari, tecnici, scienziati ed alti esponenti del clero ortodosso, fra cui, a quanto pare, lo stesso Patriarca Kirill. Seguendo minuziosamente le istruzioni del Patriarca, i tecnici, gli scienziati e i militari russi, coadiuvati dai Sauditi, sarebbero riusciti a mettere “in sicurezza” l’Arca di Gabriele, a rimuoverla dal sotterraneo della Grande Moschea della Mecca e a trasportarla fino al porto di Gedda. Lì giunta, sarebbe stata infine caricata sulla Admiral Vladimirski. La nave sarebbe poi ripartita da Gedda l’8 Dicembre del 2015, diretta verso l’Antartide, scortata da una potente flotta militare capitanata dall’incrociatore lanciamissili Varyag e dalla nave da battaglia Bystry. Lo stesso Patriarca Kirill che poche settimane dopo si è fatto fotografare tra i pinguini in Antartide. Motivo “ufficiale” della sua insolita presenza laggiù? La benedizione di una chiesetta ortodossa costruita per il personale delle basi scientifiche russe. Inutile dire che la sua presenza in Antartide non è passata inosservata e le fotografie che lo ritraggono fra i pinguini hanno fatto rapidamente il giro del mondo.
Questa anomala “visita di lavoro” della delegazione russa in Arabia Saudita è stata ampiamente verificata, come è stata verificata la stessa spedizione navale che, partita dal porto di Gedda, si è diretta verso il Sesto Continente, con tanto di navi militari di scorta.

Il vasto complesso della stazione antartica di McMurdo, gestita dagli Stati Uniti

Secondo ulteriori indiscrezioni, in Antartide, in un’area controllata dalle forze armate russe (anche se ufficialmente adibita a sole ricerche “scientifiche”), sarebbe stato poi condotto un particolare antico rituale, sotto la guida del Patriarca Kirill e del Custode dei Luoghi Santi della Mecca, mediante l’utilizzo del manoscritto islamico con le “istruzioni” fornite da Gabriele a Maometto e di un altro manoscritto segreto appositamente consegnato il 12 Febbraio da Papa Francesco a Kirill durante il noto loro incontro ecumenico all’Avana, a Cuba. Un incontro storico, in cui le massime autorità della Chiesa Cattolica Romana e di quella Ortodossa Russa si sono trovate faccia a faccia dopo quasi mille anni!
Curiosamente, il giorno precedente all’incontro fra Francesco e Kirill all’Avana, un fulmine molto simile a quelli scatenatisi sulla Mecca, colpì la sommità della cupola della Basilica di San Pietro a Roma! Esattamente come era successo l’11 Febbraio del 2013, giorno della forzata “rinuncia” di Benedetto XVI°.
Sebbene l’esatta natura delle discussioni avvenute a Cuba tra il Patriarca Kirill e Papa Francesco rimane un segreto, in base alle informazioni fatte circolare, sembra che il Pontefice abbia dato al Patriarca Kirill un “manoscritto antico segreto” il cui testo si ritiene sia stato scritto direttamente dai Vigilanti descritti nel Libro di Enoch.

Il Patriarca Kirill e Papa Francesco durante il loro storico incontro all’Avana

Il complesso rituale si sarebbe svolto il 17 Febbraio del 2016, nella chiesa ortodossa russa della Santissima Trinità, l’unica chiesa presente in Antartide. Subito dopo, il “misterioso artefatto” sarebbe stato «trasportato in profondità, in quel vasto e freddo continente, da un’unità di forze speciali».
Pochi mesi dopo, l’11 Novembre 2016, l’allora Segretario di Stato americano John Kerry è volato a sua volta in Antartide, dove ha avuto luogo una discussione, a porte chiuse, per la firma di un nuovo trattato intergovernativo, secondo cui le visite private in Antartide, senza previo consenso, sono state chiuse per trentacinque anni. E Kerry, secondo alcune fonti ritenute altamente affidabili, si sarebbe recato in quell’occasione a fare un sopralluogo in un’area dell’Antartide dove sarebbe da tempo in corso di scavo un enorme antico complesso urbano riconducibile a una civiltà precedente alla nostra, da oltre diecimila anni sepolto dai ghiacci.
Tutta questa vicenda, che potrebbe apparire decisamente fantascientifica, mi è stata personalmente confermata da quel Vescovo della Chiesa Ortodossa Russa che ha voluto donare al Centro di Studi Eleusini Madre Sidera Tau 8 l’antica statuetta che ho mostrato per la prima volta a Firenze. Un Vescovo che mi ha riferito essere stato presente al rituale tenutosi in Antartide nella piccola chiesetta ortodossa della Santissima Trinità.

Di Nicola Bizzi

Argomento trattato durante la puntata del 03/09/2023 dal titolo “SEGRETI IN ANTARTIDE: L’ARCA DI GABRIELE” che potete rivedere qui:

7 pensiero su “L’ARCA DI GABRIELE E I SEGRETI DELL’ANTARTIDE di NICOLA BIZZI”
  1. sarebbe molto interessante sapere in che anno l,arca di gabriele è stata sotterrata nella grande moschea, non essendo chiaramente una classica reliquia religiosa ma bensì qualcosa di sconosciuto e di pericoloso
    cambierebbe totalmente la storia fino ai nostri giorni e forse per questo è stata portata in antartide quasi in segreto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *