L’articolo che vi apprestate a leggere oggi sul nostro blog nasce dalla volontà di lasciare agli amici che ci seguono uno spazio, a loro dedicato, per parlarci di tematiche affini al canale di Facciamo Finta Che con uno stile un po’ più personale e narrativo. Grazie all’articolo di Alessandra Forlani ci caleremo nelle atmosfere di un periodo cupo del passato, che ha visto finire sul rogo migliaia di donne, e non solo, arse vive e torturate nei modi più atroci solamente perché detentrici di saperi e di conoscenze antiche.
Il 1600, un secolo buio…
Al tempo in cui si scatenò la peste, complice la miseria e l’ignoranza in cui versava la gran parte della popolazione, il seme fecondo dell’odio trovò terreno fertile per proliferare. C’era, in quel periodo particolare della nostra storia, una forte necessità di fede e di affidare le anime ad un potere superiore. Da qui al cercare una causa scatenante della pestilenza che avanzava falciando vite senza sosta, il passo fu breve. Addossare la colpa di ogni male a una causa precisa, a qualcuno, nello specifico, che non potesse difendersi, ed eliminare il male alla radice, costruiva un muro di certezze dietro al quale nascondere la paura della morte.
Fu così che, mentre da una parte si diffondeva una professione di fede crescente, affiancata dall’edificazione di nuovi edifici di culto e la Chiesa acquisiva un potere sulla vita e sulla morte delle persone, dall’altra serpeggiava forte la paura del male dilagante, che tracciava dietro al proprio passaggio un solco profondo di terrore. Sempre più forte divenne pertanto il bisogno di cercare un capro espiatorio.
In Piemonte, nei piccoli paesi disseminati fra le colline di Langa e Roero, troppo spesso l’attenzione si focalizzava su alcune donne, accusate di stregoneria. Erano povere donne, sole, magari vedove, che vivevano ai margini della società del tempo. Donne con la colpa di essere spesso conoscitrici di erbe e amanti della natura; ree di seguire la natura, la terra e la luna ed i ritmi ad esse connessi. In dialetto piemontese queste donne venivano definite “Masche“.
A Sommariva Bosco, nel cuneese, ancora si narra della vicenda della Paroda, che trovò la morte sul rogo, proprio nel terzo decennio del ‘600.
Vista oggi, alla luce delle vicissitudini di un recentissimo passato, che evoca per alcuni versi un ricorso storico, la sua storia dà da pensare.
E se oggi, passeggiando per quegli stessi boschi ove ella visse e trovò finanche la morte, la Paroda ci venisse incontro? Se potesse raccontarci la sua vicenda in prima persona, chissà che cosa ci direbbe, vedendo che il presente non impara dal passato…
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Quale che fosse il mio vero nome, nessuno lo ha mai saputo.
Nemmeno io ad un certo punto lo ricordavo più!
Tutto il paese mi ha sempre chiamata soltanto la Paroda, ed è con questo stranόm, che ancora oggi, dopo tanti secoli, vengo ricordata.
C’è chi, quel nome, lo accenna appena, con timore, sottovoce, chi invece ne parla con irriverenza e spirito goliardico e chi – infine – relega la mia storia al mito di una leggenda, come se si trattasse soltanto di una macabra favola antica.
Sono pochi, in verità, coloro che ancora ricordano la mia storia e la tramandano.
Di me, poco si è scritto, rispetto alle mie compagne di sventura.
La più famosa fu Micilina, di Pocapaglia, che insieme a Carlota di Cherasco, subì la mia stessa disgraziata sorte.
Qualcuno, per assonanza con il mio soprannome, crede ch’io venissi dal paese di Paroldo, in alta langa, famoso per le sue storie di Masche.
Altri, fecero delle ricerche ed associarono invece la mia figura a quella di un certo Parodo, che visse e morì – proprio come me – a Sommariva del Bosco, nei primi decenni del 1600.
Si è perfino supposto che abbia avuto ben due figlie, morte in tenera età.
La verità… io l’ho portata con me… fra le fiamme del rogo.
Non v’è fotografia, né dipinto d’epoca che ritragga con certezza le mie vere fattezze.
Eh si’… Qualcuno racconta di quanto io fossi bella, e si dice che addirittura io potessi apparire a convenienza, lavorando di fisica, immersa nella natura.
Altri invece si dicevano certi ch’ io fossi brutta, di una bruttezza rugosa e maligna, che mi s’era appiccicata addosso, come la cattiveria del mio animo: nero come la notte e come il gatto che sempre mi accompagnava.
Cattiva…IO!?
Amavo ogni creatura di Dio! Amavo la natura, i fiori e le piante e parlavo con loro.
Sapevo che ogni cosa di questo mondo esiste per volere di nostro Signore, ne avevo pieno rispetto e ricevevo in cambio l’ energia della terra, il potere curativo delle piante, il benefico effetto del sole e la magica lune guaritrice della luna.
Strana forse…maligna MAI!.
Ero rimasta sola, ma non amavo scendere al villaggio, mischiarmi con le persone, che sapevo mi guardavano con timore e … loro SI’… oh si…LORO mi guardavano con malignità.
Preferivo restare nella mia povera capanna, dove vivevo con poche misere cose, ma immersa nella magia, nei colori e nei profumi di madre natura.
Se avevo avuto un tempo una famiglia? Certo, come tutti, ma era passato ormai tanto tempo…
Trascorrevo i miei giorni in solitudine, girovagando per i boschi, in cerca di erbe e bacche, attorniata dai miei animali.
Il mio gatto, nero… che c’è di male? Perché mai, solo per il colore del suo manto, avrei dovuto pensare che si trattasse di una creatura del Demonio?
Era egli una creatura meravigliosa, un’anima magica, come anche la capra, il topo, la nottola e tutti gli altri animali che alleviavano un poco la mia solitudine.
La notte, ah la notte… uscivo sul prato, scalza e con i capelli sciolti, a parlare alla luna.
Come un canto, il vento fra le fronde degli alberi, mi portava le risposte, e io sempre, mi ricordavo di ringraziare.
Dicevano invece LORO, che in quelle notti io m’incontrassi con altre “streghe” come me, che addirittura invitassimo a ballare con noi il Demonio, che usassimo il buio della notte per nascondere malefici e sortilegi.
Rientrando, prima di coricarmi, mi ritiravo in preghiera, rivolgendo al crocifisso una muta richiesta: di poter un giorno rivedere tutti i miei cari, in Paradiso.
E non tardò quel desiderio ad essere esaudito.
Vennero i soldati, in nome degli uomini di Dio!
Vennero alla mia capanna, la bruciarono, uccisero tutti i miei animali; mi condussero via con la forza, per rinchiudermi nella torre del Castello.
Non è vero! Strega io? La peste…il libro del comando?
Ma se non so neppure LEGGERE!
Come avrei potuto io, che non ho mai ucciso neppure una formica, essere la causa della morte per pestilenza della gente del mio paese? NO, vi sbagliate non è vero!
Lo gridai, finché ebbi la forza, fino a quando, sfinita, umiliata e distrutta nel corpo e nell’anima, capii.
Era arrivato il momento di lasciare questo mondo per ritrovare in una dimensione nuova coloro che mi avevano preceduta, coloro che mi avevano amata.
Oh sì, LORO furono molto bravi nel convincermi, che tutto sarebbe finito presto, se soltanto avessi confessato!
Io non so che cosa dissi, probabilmente tutto quello che loro volevano sentire, per liberare le loro piccole menti e le coscienze, per poter finalmente trovare la causa del marcio, della morte, della pestilenza…
Ma certo SI…Si si si SONO UNA STREGA!
Si… mi corico con il Demonio ogni notte, e danziamo sulle vostre anime di notte, mentre avvolti nel sonno credete di essere al sicuro.
VOI, nelle vostre case, al villaggio, con le vostre belle famiglie!.
Si, è colpa mia, si…perché ho danzato con le altre streghe e ci siamo alimentate delle energie dei vostri sogni peggiori.
Tutto fu silenzio…
Vidi i loro volti compiaciuti, intuii i sorrisi nascosti sotto ai loro cappucci neri, e finalmente, mi fu concesso di perdere i sensi.
Non so quanto tempo trascorsi poi, da sola, nell’attesa che finalmente venissero a liberarmi, ma non tornai mai libera.
LORO persuasero tutta la popolazione, che l’unica forma di liberazione per il paese dalla pestilenza e per me, per salvare la mia anima, fosse il ROGO.
Per aiutare il mio spirito ad elevarsi al di sopra delle fiamme, finalmente LIBERO, fu acquistata legna “a debito” , per esser certi che il falò fosse ben alimentato. Non volevano rischiare che restasse a metà, quel lavoro, così ben condotto in nome di Dio doveva giungere a perfetto compimento, per liberare me, da quella misera vita votata al satanasso, e VOI, si tutti VOI, dalla pestilenza che io stessa avevo causato con i miei malefici!
Restarono a guardarmi, fino alla fine, anche mentre la fiamma arrabbiata dei primi momenti, si dissolveva in mille scintille nella notte.
Bagliori di luce, salendo in cielo a raggiungere le stelle, accendevano quegli stessi boschi, che tanto amavo e che tanto mi avevano riamata.
Sono passati 400 anni, altre sciagure, guerre e pestilenze, si sono abbattute su questo povero mondo, altre vite umane sono state sacrificate in nome dell’ignoranza e della superstizione.
Peccato!
Avrei tanto voluto, che almeno la mia morte fosse servita a qualcosa, ma VOI, che mi state ascoltando in questo momento, VOI avete il potere di cambiare le cose.
Potete decidere di restare nelle vostre case, a guardare dalla finestra che cosa fa il vostro vicino, pronti a denunciarlo all’inquisizione alla prima occasione… oppure, potete scegliere di uscire, di liberarvi dalle catene, di camminare a pieni nudi su un prato bagnato dalla rugiada della notte, potete volgere il viso al sole del primo mattino, salutare con un canto gli uccelli, che hanno trovato nido fra le fronde degli alberi.
Potete scegliere la VITA.
Statene certi, sarete ricambiati.
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Tutto questo sembra soltanto una brutta fiaba nera, di quelle raccontate dai nostri vecchi per spaventare i bambini.
A volte purtroppo, la realtà supera di gran lunga la fantasia e quando la paura si insinua nell’inconscio collettivo, la natura spirituale dell’essere umano viene messa a dura prova. Il timore di perdere le nostre certezze acquisite, sposta la corrente delle vibrazioni di pensiero, l’istinto che tutto conosce viene meno e vestiamo di vulnerabilità l’unica cosa che davvero possediamo e che dovremmo difendere: la nostra ANIMA.
Per non dimenticare mai…
In ogni regione d’Italia si tramandano oralmente queste tradizioni e questi racconti. Fateci sapere la vostra nei commenti.
di Alessandra Forlani
Bellissimo articolo, da anni la questione delle “donne sapienti” mi attrae, ai tempi avevo letto un libro “il libro nero del medioevo” che mi colpii molto.
Fin da piccola quando era estate, ci si trovava fuori dai portoni,nei paesini della bassa friulana, e c’era sempre qualche vecchietta che ci raccontava, per spaventarci, e a dir il vero un po’ ci riuscivano, con i racconti delle streghe, dette qua “aganis”..
Negli anni mi sono sempre più incuriosita e come spesso succede, documentata, trovando molte storie verosimili che mi hanno portata fino al discorso del “potere femminile” che da sempre hanno voluto demonizzare. Ho capito quanto poco noi umani pensiamo di essere, perché qualcuno ha voluto farci dimenticare il nostro personale “divino interiore”.
Molto bene che tante persone leggano e sappiano di cosa e quanto saremmo capaci, basterebbe anche solo sapere come curarsi con i doni ch madre natura ci lascia!.. un grazie per il vostro impegno a divulgare questi temi che, a saperli , ci riporterebbero ad un’armonia primordiale con l’essenza creatrice.🕉️🕉️🕉️🕉️
Grazie per aver capito lo spirito del testo
La potenza delle donne, quando lo spirito incarna valori altissimi e non ci sta a farsi strumentalizzare.
Alessandra
Bellissimo articolo!..fin da quando ero una bimba e nelle notti d’estate ci si trovava fuori dai portoni nei paesini della bassa friulana, sono sempre stata incuriosita dalle storie che le vecchiette ci raccontavano riguardo alle “aganis”, così in Friuli vengono chiamate le “donne sapienti”.
Mi chiedevo sempre se erano storie vere o inventate solo per spaventarci..poi curiosa come sono, mi son messa a cercare libri sull’argomento, trovandone uno “il libro nero del medioevo” in cui era raccontato molto bene quel periodo buio , che fece tante vittime innocenti, colpevoli solo di essere esperte nelle proprietà di guarigione delle piante, di essere capaci di esercitare il propeio potere personale divino, che nei secoli ci hanno fatto dimenticare per snaturarci e dividerci all’interno di noi stesse e dalle persone che non volevano che noi sapessimo.
Grazie per la vostra opera di divulgazione, su questo e altri argomenti, “scomodi” a chi ci vorrebbe macchinette senza personalità.
Grazie Elena, mi fa piacere che ti sia piaciuto ciò che ho scrirto.
Qui da noi in Piemonte e nello specifico nel paese dove abito, questa figura viene ancora ricordata e raccontata. Questa povera donna è veramente esistita e non oso pensare alle atrocità che ha subito, lei come molte altre. La paura e l’ ignoranza, allora come ancora oggi, sono molle potentissime sulle masse.
Alessandra.