La puntata pasquale de Il Sentiero di Atlantide è stata dedicata alle Madri del Faust di Goethe, e davvero non esisteva modo migliore per mostrare il significato simbolico della Pasqua come morte e rinascita che illustrarlo nella metafora delle Madri. Gianluca Lamberti e Nicola Bizzi hanno affrontato il tema facendo riferimento all’ottimo saggio di Michele Cianciulli, Le Madri del Faust di Goethe. Viaggio nei Misteri dell’Eterno Femminino, e più volte si è rimarcata l’impossibilità di spiegare cosa siano queste Madri al cui Regno Faust deve accedere per poter andare oltre nella sua evoluzione animica.

A ben guardare, la scena in cui Mefistofele saluta Faust, perché lui – demone cristiano – non ha giurisdizione nell’aldilà classico, ricorda per certi aspetti il momento in cui Virgilio si accommiata da Dante alle porte del Paradiso Terrestre, in quanto lui, poeta classico, non può accedere al Paradiso cristiano:

Il temporal foco e l’etterno
veduto hai, figlio; e se’ venuto in parte
dov’io per me più oltre non discerno.
Tratto t’ho qui con ingegno e con arte;
lo tuo piacere omai, prendi per duce;
fuor se’ de l’erte vie, fuor se’ de l’arte.
Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno;
per ch’io te sovra te corono e mitrio
Purgatorio, Canto XVII, vv, 127-132 e 139-142

Similmente, Mefistofele, nel I Atto del Faust II, ribatte a Faust, che gli ha appena detto di voler trovare il Tutto laddove il diavolo afferma esserci il Nulla: “Prima di separarmi da te, ti lodo (per il tuo coraggio), vedo bene che il diavolo lo conosci”, e poi gli consegna una chiave, una “cosettina”, commenta Faust, ma Mefistofele lo redarguisce; allora Faust la osserva meglio e nota che cresce tra le sue mani fino a brillare e lampeggiare, al che Mefistofele spiega: “Hai visto che tesoro possiede l’uomo? La chiavettina ti condurrà dalle Madri, [letteralmente: riconoscerà il loro Regno dal profumo,] seguila mentre sprofonda”. Quindi Dante riceve da Virgilio una simbolica corona per salire al Paradiso Terrestre e rivedere Beatrice nella vita eterna, e specularmente Faust riceve da Mefistofele una chiave per sprofondare fino alle Madri e riportare in vita Elena.

Poiché il diavolo dice a Faust: “hai visto cosa possiede l’uomo?” mi sono spesso chiesta se questa chiave che cresce e riluce non potesse coincidere con una certa parte della fisiologia umana occulta che la mistica ebraica definisce “luz”, che “microcosmicamente corrisponde al coccige, un ossicino posto all’estremità dell’osso sacro, che nella tradizione indù simboleggia il trapasso dal mondo primordiale e invisibile al nostro, la radice dell’albero della vita o spina dorsale, sua pietra di fondamento. Attorno al luz è attorto il SERPENTE della conoscenza, che emerge dal mondo dei morti e dal sonno, creando il ritmo d’una invocazione vorticosa, CRESCENTE. Tale ritmo può staccarci dai nostri limiti, per cui diventiamo come un serpente attorcigliato che si erga con uno scatto. Ma la pietra sacra si apre solo a chi osservi il silenzio, a chi abbia l’animo innocente. […] Secondo la tradizione tedesca, per scovare lo spacco della pietra bisogna cogliere un fiore azzurro o purpureo, da infilare sul cappellino, o un ramo d’oro, o FORCUTO di nocciolo o di mandorlo: una pianta APERITIVA”. E non a caso troviamo le piante anche nei versi di Virgilio dello stesso canto:

Vedi lo sol che ‘n fronte ti riluce;
vedi l’erbette, i fiori e li arbuscelli
che qui la terra sol da sé produce. (133-135)

Mi occupo del Faust in particolare e di Goethe più in generale da decenni, ma ho iniziato a capirlo davvero solo quando ho conosciuto Maria Franca Frola, col cui irrinunciabile contributo ho indagato il pensiero di Goethe. Ma anche così, le Madri e il loro Regno rimangono un mistero. Il motivo lo spiega lo stesso demonio, al quale si può credere, dal momento che lui stesso aveva confessato di essere “lo spirito che sempre nega”; siccome qui Faust si sofferma sulle parole di Mefistofele e dice: “parli come il primo dei mistagoghi che vuole ingannare i neofiti, parli al contrario”, dunque, se il diavolo è lo spirito che sempre nega e in questa parte Faust di avverte chiaramente che sta parlando al contrario, la descrizione che fa del regno delle Madri dev’essere la pura verità. Allora leggiamo:

MEFISTOFELE: coi pagani non ho nulla in comune, loro hanno il loro inferno; un inferno speciale. Ma un mezzo per arrivarci c’è. Mal volentieri ti scopro un alto segreto… Auguste dee regnano in solitudine; attorno a loro non vi è spazio, e ancor meno tempo. Anche solo parlare di loro mi mette a disagio. Sono le Madri.

FAUST: Madri! (sussulta di terrore) Le Madri! Le Madri! Suona così strano…

MEFISTOFELE: Infatti è strano! Sono dee ignote a voi mortali, e d’altra parte, anche noi le nominiamo mal volentieri. Per arrivare alla loro dimora devi sprofondare nelle profondità.

FAUST: Per quale via?

MEFISTOFELE: Nessun cammino ti ci può portare. Dovrai prendere una via mai percorsa finora e che non dovrebbe mai essere attraversata, né ricercata. Sei pronto? Non vi sono serrature o catenacci da forzare, ma le solitudini ti sferzeranno da ogni parte… Riesci anche solo a immaginare cosa siano davvero il vuoto e la solitudine? […] Se osservassi l’oceano sterminato, vedresti sempre comunque le onde solcate dai delfini e le nuvole alternarsi al sole e alle stelle… Invece, in quell’eterna lontananza desolata non vedrai nulla, non sentirai nemmeno i tuoi passi, non avrai alcun appiglio. […] Niente dunque ti deve più turbare, […] sprofonda dunque, ma potrei dire anche “Sali!”, sarebbe lo stesso! Fuggi da quel che esiste e rifugiati nei dominii liberi delle immagini [il platonico Mondo delle Idee?]. Quando vedrai un tripode ardente, saprai di essere giunto infine nel profondo del più profondo abisso. La sua luce ti rivelerà le Madri; alcune in piedi, altre sedute, come capita. Formazione e trasformazione, gioco eterno dell’eterna mente, circonfuse delle immagini di tutte le creature. Esse non ti vedono, perché vedono solo schemi [le Matrici?]”.

E infine il gesto magico: “Che il tuo essere tenda verso l’ingiù. Sprofonda battendo col piede; battendo co piede salirai di nuovo”. Faust batte col piede e sprofonda, e una volta rimasto solo, Mefistofele si chiede: “Son curioso di sapere se mai tornerà”.

Forse il diavolo cristiano non era certo che Faust sarebbe tornato perché il gesto magico che ha appena insegnato al suo “protetto” non è contemplato nella magia cristiana… Eppure abbiamo letto poco prima che attorno al luz [descritto nella mistica ebraica, con la quale Mefistofele deve avere qualche familiarità] è avvolto un serpente che quando si muove con un certo ritmo può staccarci dai nostri limiti. Infatti il gesto magico di battere il piede (3 volte) si chiamava tripudio ed esisteva già presso gli antichi: in Grecia era parte delle celebrazioni in onore della morte e resurrezione di Adone e presso i Romani era eseguito dai sacerdoti Salii. La sua efficacia in ambito magico-rituale era dunque confermata.

Che Mefistofele stia ammiccando a noi spettatori, come a invitarci a seguire l’esempio del coraggioso Faust e sprofondare/innalzarci anche noi fino alle Madri? Personalmente, credo che proprio come ogni essere umano ha in sé la chiavettina, custodita dal diavolo in noi, dall’Ombra, allo stesso modo ciascuno racchiude in sé anche le stesse Madri, quelle forze oscure come le tenebre che si sono partorite la luce, il luz, la chiave per entrare. Le Madri sono protette da una porta priva di serratura, che si apre solo dall’interno, e forse basta solo voler entrare (volerlo davvero) per accedere a quel regno dove non esiste il senso di colpa della nostra civiltà patriarcale, ma domina la trasformazione, da non intendersi come un invito alla fluidità, ma come l’accoglienza di tutte le parti di noi, quelle in piedi (manifeste) e quelle sedute (latenti), per poi integrarle in un olos, una totalità, per l’appunto quel “Tutto” che cercava Faust e che si trova in ciò che Mefistofele chiama il “Nulla” perché a lui non è concesso vedere, e quindi lo sminuisce (un po’ come nella favola della volpe e dell’uva…).

Come ricorda Rudolf Steiner, “per la Scienza dello Spirito, le Madri sono state in tutti i tempi ciò di cui l’uomo fa la conoscenza quando si dischiude il suo occhio spirituale. Quando penetra nel mondo spirituale, giunge in un mondo da cui tutte le cose fisiche provengono, come da uno stagno proviene il ghiaccio. Come chi non potesse vedere l’acqua direbbe che non esiste nulla oltre il ghiaccio, e che esso si forma dal nulla, così, chi non conosce lo spirito dice: esistono solo le cose fisiche. Là dov’è la causa prima delle cose fisiche, l’origine non più visibile attraverso gli occhi fisici, là sono le Madri” [conferenza tenuta da Steiner a Strasburgo il 23 gennaio 1910, O.O. N. 272, tratta dal ciclo Spiegazioni della Scienza dello Spirito al Faust di Goethe – Faust, l’uomo che anela].

Le Madri sono le potenzialità del nostro Sé Superiore, i progetti a cui la nostra anima deve dedicarsi per essere iniziata. La studiosa Maria Franca Frola diceva che ogni iniziazione è in realtà è un’auto-iniziazione, è il momento in cui l’Anima comprende qualcosa di nuovo ed eterno su se stessa, e quella nuova consapevolezza la aiuta a percorrere meglio il suo cammino, che in realtà non esiste ancora, e che si crea ad ogni passo. Tutto questo sono le Madri. Io ne ho incontrate già alcune e so che m’imbatterò in molte altre loro manifestazioni, e ciascuna sarà come la meravigliosa conchiglia gialla su fondo blu che indica il percorso lungo il Cammino di Santiago: anche se non si conosce la strada, non ci si può perdere, ci si può solo ritrovare.

Buona ricerca a tutti

 Stella Sophia Picarò

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