Questo giovedì si rinnova l’appuntamento con i contributi che gli amici di Facciamo Finta Che hanno inviato alla nostra redazione, dando vita a una sezione che abbiamo chiamato Faranno Finta Che, appositamente dedicata a tutti coloro che vogliono farci pervenire un loro scritto sulle tematiche che affrontiamo sul canale. Vista la continua diatriba tra Halloween e Samhain, oggi cerchiamo di fare un po’ di chiarezza insieme a Claudio Martinotti Doria.

Un approccio culturale moderno a costumi antichi

Approssimandosi fine ottobre e con esso la tanto discussa festa di Halloween (per alcuni addirittura famigerata in quanto considerata alloctona e pertanto culturalmente aliena), desidero fornire qualche breve cenno informativo, nella speranza di rendere meno confusa ed estraniante questa ricorrenza, che non andrebbe affatto demonizzata e rigettata in toto.

Da una ventina di anni a questa parte, in un rigurgito di retorica autoctona e nazionalista, con l’intenzione di conservare intatte le tradizioni italiche, l’intellighenzia di regime ha praticamente catalogato questa festività come un prodotto alieno d’importazione, un’americanata consumistica e deleteria, senza alcun fondamento storico culturale con il nostro paese, una sorta di pagliacciata goliardica anticipatrice del carnevale, con ambientazioni e sceneggiature horror e magico demoniache. Atteggiamenti intellettuali che ritengo eccessivamente riduttivi e sentenziosi, come spesso accade quando non ci si documenta in maniera approfondita e con imparzialità (almeno intenzionale), ma si prendono posizioni aprioristiche e si compiono difese d’ufficio di interessi culturali non meglio precisati e qualificati.

Si corre il rischio con questi atteggiamenti di eccessivo rigore morale di “buttare il bambino con l’acqua sporca”, creando paradossali limiti ostativi a qualcosa che anziché essere demonizzato andrebbe semplicemente rielaborato e inserito in un contesto storico culturale e folcloristico appropriato, ricostruendo nei limiti del possibili i vari passaggi sequenziali e cronologici e le dinamiche che l’hanno trasformata in qualcosa di decisamente diverso da quello che rappresentava in origine.

Alcuni studiosi, che non hanno avuto sufficiente spazio mediatico, hanno definito Halloween, forse con eccessivo semplicismo, l’equivalente o l’attualizzazione della festa di Samhain, il Capodanno celtico, la più importante delle loro festività. Quindi si tratterebbe di una festività che è esistita e si è perpetuata per molti secoli alle nostre latitudini oltre che in gran parte del continente, seppur con modalità differenti da quelle moderne, che sono ormai ridotte a scopo ludico consumistico e non contengono alcuno dei complessi, profondi e importanti significati culturali e spirituali originali, ma solo qualche residuale simbolico, approssimativo e dispersivo.

In linea di massima i ricercatori e storici, a differenza degli intellettuali, tendono ad accettare che la festa d’importazione americana abbia il suo fondamento, non fosse altro perché non l’hanno inventata certamente loro ma è stata a loro volta importata dall’Europa, trasferendosi nel nuovo continente soprattutto tramite le popolazioni irlandesi, e poi reimportandola nel secolo scorso nel vecchio continente, con le paradossali e a tratti beffarde modalità di cui farò cenno successivamente, per le quali, complice la nostra spiccata “esterofilia”, soprattutto americana, tendiamo ad attribuire agli USA invenzioni che non le appartengono ma sono originariamente europee e da loro storpiate e spettacolarizzate.

Senza dubbio almeno dal punto di vista della collocazione nel calendario, tra fine ottobre ed inizio novembre (il 1 novembre è il Capodanno celtico), Halloween non può essere considerata una coincidenza, ed anche alcuni simbolismi sono gli stessi di Samhain (che significa “riunione o fine estate” ed era infatti la festa di fine estate), che presso i Celti rappresentava la fine della stagione calda e solare e l’inizio di quella fredda e grigia (per i Celti le stagioni erano solo due, estate ed inverno, e il passaggio costituiva simbolo di morte e di rinascita).

Nell’epoca celtica, durante la quale non vi era certamente inquinamento luminoso e il cielo si poteva osservare in tutto il suo splendore, il periodo si riconosceva perché in cielo erano ben visibili le Pleiadi, costellazione tipicamente invernale, stelle che distando “solo” 440 anni luce dalla Terra spiccavano nella loro luminosità tipicamente blue o bianca, sei o sette di loro erano sempre osservabili, anche se in altre parti del globo se ne potevano vedere di più.

La loro presenza così ben visibile in cielo significava per i Celti che era sopraggiunta la supremazia della notte sul giorno e del buio sulla luce, dando così inizio formalmente all’inverno. Per i Celti che erano sia pragmatici che “spirituali” (come quasi tutte le popolazioni antiche) il periodo aveva un doppio significato, uno materiale e l’altro spirituale. Materialmente dovevano provvedere agli approvvigionamenti per far fronte all’inverno, ritirando le loro numerose greggi negli stallaggi (essendo particolarmente dediti alla pastorizia) e le provviste alimentari nei magazzini, e non trascurando di lasciare qualcosa nei campi di non raccolto come offerta propiziatoria agli dei, affinché vegliassero su di loro rendendo l’inverno meno rigido. Una sorta di rito per esorcizzare l’inverno è per rendere più coesa la comunità, che solo nell’unione e cooperazione poteva affrontare i pericoli concreti rappresentati dagli inverni particolarmente rigidi, che all’epoca erano frequenti e mietevano vittime.

Dal punto di vista spirituale i significati erano molteplici, ma due spiccavano sugli altri.

Era il periodo nel quale si infrangevano le barriere tra il mondo visibile e quello invisibile, e diventava possibile la comunicazione tra i vivi e i morti, perché avveniva una sorta di dilatazione spazio temporale che consentiva di vivere il presente annullando distanze e separazioni, per cui occorreva compiere alcuni rituali propiziatori e simbolismi di morte e rinascita.

Era anche l’avvio di un anno “iniziatico” personale di interconnessione con la propria interiorità, occorreva esplorare l’identità individuale più autentica e profonda, e ci si poneva propositi di cambiamento e di rinnovamento.

Occorre premettere e precisare che i Celti non temevano la morte e i morti, avevano tutt’altro approccio culturale con questo tema, che al contrario assilla la società moderna divenendo un tabù da rimuovere ed esorcizzare. Infatti dopo aver rispettato gli aspetti sacrali dell’evento, tra cui l’accensione di fuochi sacri, anche di grandi dimensioni, e l’esecuzione di alcuni sacrifici animali, i Celti bevevano, cantavano e ballavano durante le ore notturne della festa, che si svolgeva prevalentemente nei boschi per poi far ritorno al proprio villaggio, facendosi luce con delle lanterne improvvisate con materiale di recupero (tradizione pervenuta fino a noi), oltre che con fiaccole e torce.

Continuavano a festeggiare per alcuni giorni, senza timore alcuno che gli spiriti dei morti in quel frangente vagassero per la terra, essendosi infranta la barriera che divideva l’aldilà dalla vita terrena.

Halloween è la contrazione linguistica e fonetica di derivazione scozzese di All Hallowed Souls (tutte le anime sante) o di All Hallous’ Eve (sera di tutti i santi) e se ne ha traccia documentata storicamente solo nelle metà del XVI secolo, mentre le sue origini culturali e rituali risalgono al VII secolo a.C. presso i Celti, che come già citato celebravano Samhain nella notte del 31 ottobre ed il successivo 1 novembre (con oscillazioni nel tempo per il ricorso al calendario lunare e per il protrarsi dei festeggiamenti che potevano durare una dozzina di giorni, nel corso di quella che sarebbe poi divenuta l’estate di San Martino).

Credendo che i morti ritornassero sulla terra, per accoglierli degnamente illuminando il loro cammino, i celti accendevano enormi falò (ritenuti sacri) e ponevano candele e lumi alle finestre e fiaccole e torce all’esterno delle abitazioni e lungo i sentieri, inoltre preparavano loro del cibo che poi ponevano sulle tavole lasciandolo a disposizione.

Successivamente e fino a tempi recenti (ed ancora parzialmente in uso) secondo i luoghi, le popolazioni e i tempi, si è tramandata l’usanza di accendere lumini per illuminare i cimiteri (in precedenza non a caso definiti “camposanti”), di porre cibo povero sulle tavole imbandite per la notte o sui davanzali delle finestre. Generalmente si tratta di pane, patate, ceci bolliti, orzo, castagne, vino e sidro, latte o semplicemente acqua per “dissetare i morti”, o la cosiddetta “minestra dei morti” (riso cotto nel latte, usanza ancora diffusa in Val Camonica e Valtellina), e contemporaneamente si preparano dolci speciali denominati pan, ossa o fave dei morti, ecc.,.

La calendarizzazione del 1 novembre è dovuta ai monaci irlandesi dell’alto medioevo, i quali nel sincretismo che ha sempre caratterizzato il cristianesimo cattolico, hanno opportunamente traslato una festa pagana in cristiana fissandone i requisiti.

In proposito è bene ribadire che fu proprio l’Irlanda il paese celtico dove maggiormente era diffusa e si mantenne popolare per millenni la festa di Samhain e dove la tradizione e il folclore di origini pagane perseverarono più a lungo, anche dopo la cristianizzazione dell’isola.

E furono prevalentemente gli irlandesi emigrati in massa negli USA a diffondere la festa di Samhain in territorio americano.

L’emigrazione avvenne soprattutto in seguito alla famosa e devastante carestia della metà dell’800, nella quale la peronospora distrusse le coltivazioni di patate, che era il cibo di maggior sostentamento della popolazione irlandese, evento che decimò la popolazione insulare, costringendo quasi un terzo degli irlandesi ad emigrare per sopravvivere. Carestia e mortalità da denutrizione dalla quale il Paese celtico non si riprese mai del tutto. Infatti l’Irlanda è uno dei pochi paesi al mondo che ha tuttora una popolazione inferiore a quella di metà ottocento.

Essendo le comunità irlandesi negli USA assai diffuse e coese, col tempo contagiarono culturalmente con le loro usanze la popolazione già insediata, tra cui la festa di Samhain, che divenne col tempo Halloween. Grazie alla potenza mediatica e soprattutto cinematografica americana, Halloween prese il sopravvento in tutto il mondo, soprattutto occidentale, disperdendo le tracce culturali originarie che conteneva e da cui derivava.

Dal punto di vista storiografico fu Papa Gregorio III che nel 735 d.C. proclamò il 1 novembre festa di tutti i santi mentre quella del giorno successivo, di tutte le anime o dei morti, fu introdotta un secolo dopo da S. Odilone quinto abate di Cluny. La potente abbazia di cui avevo già accennato in precedenti articoli per le sue enormi dimensioni e possedimenti e il potere politico ed economico che esercitava dalla Borgogna all’intero continente, ma anche perché successivamente da essa si scissero e presero vita gli operosi ed austeri cistercensi che tanto hanno influito sulla storia del Monferrato, a partire dalla famosa Abbazia di Santa Maria di Lucedio poi divenuta Principato sotto i Savoia, grande complesso abbaziale monferrino con le sue numerose grange.

Le modifiche rituali e nei costumi sociali e folcloristici di una determinata tradizione rispetto alle sue forme originarie è spesso dovuta alle ingerenze delle autorità, in questo caso religiose, per timore che si alimentino superstizioni ed allontanamenti dalla chiesa. Le masse contadine, cui si deve attribuire il merito principale della perpetuazione e conservazione delle tradizioni e credenze antiche, si adattavano di volta in volta a tali ingerenze modificando in parte il modo di manifestare le loro credenze (soprattutto esteriormente) per ottenere il consenso e la compiacenza del clero senza rinunciare alle proprie intime e ancestrali convinzioni.

Più recentemente si sono aggiunte una miriade di influenze culturali New Age che, nella loro superficialità e astrusità, hanno totalmente storpiato ed adulterato il senso di molte festività e simbolismi con apporti totalmente estranei alla Tradizione ed alla Storia, con una complicità e compiacenza mediatica che lascia perplessi, nella sua pervicace ricerca dell’effimero e della spettacolarizzazione a ogni costo.

Halloween si è diffusa in Europa e in particolare da noi, per il tramite di alcuni fumetti USA di grande successo, mi riferisco alle produzioni Walt Disney ma soprattutto a Charles Schulz che con l’incredibile successo e diffusione per decenni dei suoi Peanuts di Charlie Brown è stato il principale importatore della festa dalle remote origini celtiche ed adottata dagli americani con scarsa o nulla consapevolezza. Successivamente sono stati soprattutto i film hollywoodiani di genere horror a rendere popolare questa festa, trasformandola in una carnevalata autunnale.

Il suo attuale principale simbolo, ormai ridotto a valenza ludica, è una zucca vuota (ogni riferimento per analogia figurativa a molte persone è puramente casuale), intagliata su un lato per assumere suggestioni paurose, soprattutto col buio dopo avervi introdotto una candela. Nei paesi anglosassoni è definita jack-ò-lantern mentre da noi era ed è tuttora conosciuta come lümera. È un surrogato rappresentativo di un teschio con lo scopo di demistificare ed esorcizzare la morte.

La testa recisa aveva un valore notevole presso i Celti (un vero e proprio culto) in quanto ritenevano contenesse l’anima individuale e quindi conservare la testa di un avversario nobile e prestigioso era ritenuto un’opportunità per potersi gradualmente impossessare delle peculiarità valoriali del defunto, in particolare la sua energia spirituale. Inoltre il teschio era simbolo di fortuna e strumento di predizione.

L’uso non consono della testa recisa era presso i Celti un tabù (geis) molto temuto, per cui era impensabile un uso beffardo e irridente dei teschi e spiega il perpetuarsi nel tempo con incredibile successo e diffusione, della sua sostituzione con una zucca intagliata a somiglianza di un teschio, con fantasiose variazioni e suggestioni artistiche secondo i luoghi e gli individui.

L’uso delle lümere era assai versatile, dalle burle rivolte agli anziani ed ai bambini fino a scopi più metafisici e trascendentali come il desiderio di illuminare il percorso alle anime, per cui venivano collocate presso i camposanti e le chiese, oppure presso le abitazioni o portati appresso in processioni, Ad esempio nel Canavese (che per lungo tempo appartenne al marchesato di Monferrato) venivano appese ai rami degli alberi fornendo così uno spettacolo straordinario altamente suggestivo, che rendeva magiche le atmosfere create da tali ricorrenze.

Lasciano alquanto perplesse le frequenti condanne dell’episcopato italiano per le feste di Halloween, considerandola moralmente e socialmente rischiosa e correlata a culti demoniaci e legati alle streghe. Avranno le loro buone ragioni, ma allo stato attuale mi pare che la festa abbia più che altro scopi goliardici e consumistici, se poi qualcuno ne dovesse approfittare per attribuire altri significati e perseguire scopi occulti, illeciti e manipolativi, si assumerà le sue responsabilità e dovrà essere perseguito in base ai danni che eventualmente dovesse arrecare. Se qualcuno approfittasse del carnevale in maschera per rapinare i partecipanti non per questo si dovrebbe condannare e impedire il carnevale …

Per quanto riguarda il fatto che sia una festa pagana, non ci sono dubbi, lo è, ma i residui simbolici e le tracce mnestiche e storiografiche con Samhain sono talmente effimere che un accostamento integrale, seppur riduttivo, non è più giustificato.

Coloro che desiderano rispettare e ripristinare la festa celtica di Samhain dovrebbero discostarsi da Halloween e seguire altri rituali nettamente separati assumendo ben altri atteggiamenti, conoscenze e consapevolezza.

Al contrario coloro che partecipano a vario titolo ad Halloween non pensino di immedesimarsi, identificarsi o di seguire neppure parzialmente l’originale cultura celtica, perché stanno solo divertendosi come avviene similmente nelle feste in costume e a tema.

di Claudio Martinotti Doria

  • Per ulteriori approfondimenti, vi rimandiamo a due puntate andate in onda su Facciamo Finta Che dedicate all’argomento:

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