Recentemente, tra gli ambienti di informazione alternativa, è rimbalzata la notizia, datata 2002, del presunto scontro avvenuto tra una pattuglia di militari degli Stati Uniti d’America in ricognizione in una zona desertica dell’Afganistan nei pressi della città di Kandahar, e quello che un soldato americano, testimone dell’accaduto, ha descritto come un umanoide alto 15 piedi, circa 4,5 metri.

A quanto riportato dal ricercatore americano Steve Quayle, autore di vari best seller di fama mondiale come Angel Wars, Past Present and Future, che intervistò il soldato nella sua trasmissione radiofonica “Coast to Coast AM”, lo scontro tra la pattuglia militare statunitense e il gigante sarebbe avvenuto dinanzi una grotta a seguito del curioso ritrovamento, da parte loro, di alcune ossa di animali ammassate in maniera insolita; ad una prima analisi, infatti, sembrava come se quei resti fossero stati il precedente pasto di qualche grosso predatore.

A detta del soldato, dopo che via radio la pattuglia tentò di avvertire la loro base di stanza in Afganistan, dalla grotta ne sarebbe uscito il suddetto gigante con intenti alquanto bellicosi. Preso di mira il militare a lui più prossimo, lo trafisse da parte a parte con una rudimentale quanto enorme lancia di legno. Il gigante – di pelle chiara, barba e capelli lunghi e rossi e provvisto di sei dita sia nelle mani che nei piedi – sarebbe poi stato abbattuto dal fuoco incrociato dei restanti e alquanto sconcertati componenti della squadra.

Al termine dello scontro, e nel più classico dei film Hollywoodiani, un elicottero con le insegne sconosciute, avrebbe in seguito prelevato il gigantesco corpo del peso di oltre 500 kg e lo avrebbe trasportato in una base segreta per studiarlo.

Non sappiamo se questa notizia riporti fatti accaduti realmente oppure sia soltanto la ricerca di notorietà, forse in quel periodo leggermente in calo, dello scrittore Steve Quayle. Il fatto è che nutriamo alcuni dubbi sul reale svolgimento dei fatti raccontati e alcune domande rimangono in inquietante sospensione.

Come, per esempio, il reale motivo per cui fino al 2002 non risulta essere stata registrata alcuna presenza di esseri simili in quelle zone seppur, con le moderne tecnologie, sarebbe stato quantomeno facile avvistarle o stanarle e catturarle vive.

Ci risulta poi strano, da parte del gigante, il suo immediato attacco verso la pattuglia di militari muniti oltretutto di fucili a ripetizione. Quel gigante era da solo o proteggeva qualcuno? E se proteggeva qualcuno, fosse stato della sua stessa razza, sono state perlustrate a tappeto le zone adiacenti al ritrovamento per trovare tracce di altri esseri come lui?

Queste e tante altre domande non troveranno mai una risposta seria per il semplice fatto che le notizie provenienti da un certo tipo di ambiente, qualora fossero vere, fanno fatica a trapelare e diventare di dominio pubblico.

Ma senza voler per forza pensare ad una sorta di copertura per quel tipo di ritrovamenti da parte di governi compiacenti, anche se il repentino intervento dell’elicottero con le insegne ignote potrebbe farlo pensare, vorremmo portare come esempio la storia della scoperta del panda, l’orso bicolore tanto simpatico e tenero originario della Cina centrale.

Questo esemplare di orso fu visto per la prima volta nel 1829 girovagare indisturbato in una foresta di bambù, pianta del quale si nutre, da un gesuita naturalista francese di nome Armand David. Prima di allora i biologi di tutto il mondo non ne conoscevano l’esistenza. Anzi per loro l’orso bianco e nero che si nutriva di piante era solo una delle tante leggende cinesi a cui non dare credito più del dovuto.

Ritenevano, infatti, impossibile che un esemplare appartenente alla famiglia degli orsi, contrariamente ai suoi simili onnivori, fosse puramente vegetariano, ma soprattutto che un animale di quella stazza, di colore bianco e nero, potesse confondersi in mezzo al verde della vegetazione e pertanto sopravvivere a qualsiasi predatore o semplicemente sfuggire alla vista dell’uomo.

Quando però si trovarono di fronte un esemplare catturato, ma che purtroppo non sopravvisse al viaggio fino in Francia, l’interesse che nescaturì nel mondo accademico fu enorme e si aprì una vera e propria caccia allo straordinario orso cinese con spedizioni di decine e decine di scienziati da tutto il mondo e altrettanti cacciatori in cerca di fortuna.

Seppur con tutti i mezzi scientifici messi a disposizione uniti all’esperienza dei bracconieri, ci vollero la bellezza di altri sessanta anni prima di trovare un altro esemplare di panda nella foresta della Cina centrale.

Se un animale come il panda è riuscito suo malgrado a nascondersi all’uomo almeno fino al 1829, rimanendo nel limbo dei racconti leggendari di chi fu testimone del fortunato incontro e riuscire a mantenere il suo stato seminascosto per altri sessanta anni, non abbiamo dubbi che il gigante di Kandahar, o chi come lui, indubbiamente più intelligente e molto più motivato a sopravvivere rispetto ad un orso, abbia avuto la capacità di riuscire ad occultare la sua presenza almeno fino al 2002.

E dopo gli eventi descritti dell’incontro con gli umani, forse ci vorranno molto più di sessanta anni per trovarne un altro.

di Paolo Filonzi

  • Vi invitiamo a recuperare le puntate di Facciamo Finta Che nelle quali Paolo Filonzi è intervenuto insieme a Nicola Bizzi:

 

 

 

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