No, non è il titolo dell’ultimo film di Hayao Miyazaki: è una riflessione sui doni della farsemia, il che non vuol dire avallare gli eventi degli ultimi due anni, ma riconoscerne la perfezione all’interno del quadro generale, in cui le forze dello Spirito trasmutano le energie affinché infine il caos distrugga se stesso e il bene possa essere creato anche a partire dal male. In questo senso, la farsemia si è presentata al genere umano esattamente come il Mefistofele goethiano si presenta a Faust: uno spirito menzognero che “sempre il male vuole e sempre il bene crea” (“Ich bin der Geist, der stets verneint. Ich bin ein Teil von jener Kraf, die stets das Böse will und stets das Gute schafft”. Faust I, vv. 1335-1338). Raramente l’umanità ha vissuto momenti altrettanto magici: l’Atene di Platone, la Firenze di Ficino, la Germania dello Sturm un Drang… e l’Italia del Conte Draghila…
Com’è noto, esistono solo due modi per uscire dagli incubi di un labirinto: avere una Arianna che, prima di lasciarci entrare, ci àncora alla realtà col suo filo (chiamato Sutr/atma – il filo dell’anima), o essere un Dedalo che, prima di varcare la soglia, si munisce di un paio d’ali per sollevarsi e guardare i cunicoli da un altro punto di vista. In entrambi i casi, le misure di sicurezza vanno prese prima.
Ma questo è solo un mito, diranno i miei “25 lettori”, mentre nella realtà di solito ci si trova in media res, e se non si può tornare all’ingresso del labirinto, all’inizio dell’incubo, bisogna cercare di liberarsi e risvegliarsi con quel che si sa e con ciò che si ha. E il nostro Paese, notoriamente usato e abusato dai suoi Padroni esteri, è riuscito a fare proprio questo, costruendosi una terza via, un ponte attraverso il labirinto. Certo, non “tutto” il Paese: una parte, la parte che non è si sottomessa. Lo so, a volte questo ponte è sembrato un tunnel, e come dei fuggitivi da Shawshank abbiamo dovuto trascinare le nostre ali di libertà attraverso le restrizioni insensate e i divieti contraddittori)… Ma consideriamo cos’ha saputo fare il Genio italico in questa situazione: fin da gennaio 2020 ci siamo difesi con la satira e abbiamo risposto con una risata alle mascherine; così mentre i dormienti sprofondavano nell’incubo, gli altri pubblicavano la foto del papa che sottrae la mano al bacio della fedele cinese corredata di didascalie sardoniche. Poi è venuto il turno di “ha stato il pipistrello”, del remake di We are the champions dei Queen (mai canzone fu più azzeccata), che è diventata DPCM per me dei “La Sora Cesira”. E così siamo arrivati a Natale (ancora sempre nel 2020), con versione 20.0 dei presepi, arricchitisi di nuovi personaggi, tra cui i Magi in contravvenzione bloccati fuori dalla grotta perché privi di lasciapassare…
Quest’anno è stato così generoso di queste manifestazioni geniali e genuine del nostro Spirito (di sopravvivenza), che Mazzucco ha voluto riservare ai “meme” migliori qualche minuto alla fine di ogni tg settimanale, anche per alleggerire i toni sempre più cupi… E così la creatività si è scatenata (ripeto: scatenata: noi le catene ce le siamo tolte) ancora di più. E in un batter d’occhio (ma anche “un pass dopo l’altro”) siamo arrivati a un altro Natale. E poiché quest’anno nel presepe di Piazza San Pietro avevano finito le grotte, mi piacerebbe cogliere l’occasione e commemorarne io una, altrettanto densa di significato.
Arriviamo dunque al titolo: la magica grotta di cui vorrei parlare non è quella della Natività, ma quella altrettanto iniziatica di Platone… e della Setta dei Poeti Estinti, dichiarata “risorta” da Neal Perry/Puck.
Come i primi cristiani rinserrati nelle catacombe, anche i giovani studenti della Welton Academy per esprimere liberamente il loro credo devono rifugiarsi in una grotta (come pure fanno i non “chippati” nelle case private, dove i carabinieri, con buona pace di Telese, ancora non possono entrare…) e il Genio, portato da Neal/Puck, subito ispira a Charlie Dalton Poeticherie musicali.
Non si girano più i film di una volta…Invece degli orribili cinepanettoni, sarebbe bello vedere uno spin-off di questo capolavoro. Immagino già la trama: uno degli ex studenti torna come visiting professor per un ciclo di lezioni sul potere rivoluzionario della musica… e stavolta trova finalmente anche delle studentesse. E sarebbe bello che quell’ex alunno fosse proprio il ribelle Charlie Dalton, che per primo coglie l’invito dell’amato Professor Keating a salire sulla cattedra per cambiare prospettiva, e per primo strappa le pagine del libro che pretende di “misurare” la poesia.
Charlie/Nuwanda porta nella grotta platonica l’eros e la musica e non a caso suona il sax: è stato costretto a imparare il clarinetto, che detesta perché è uno strumento “da banda musicale”. Ma poi ha usato quanto aveva imparato per dare voce al sax… Questa è una lezione fondamentale da imparare: Nuwanda avrebbe potuto “fare i capricci” coi genitori e non andare a scuola di musica. Oppure ci sarebbe potuto andare e non imparare nulla. Ma invece ha scelto di usare a proprio beneficio ciò che dall’esterno gli era imposto. Questo è un piccolo esempio di come dal male (l’obbligo) possa venire un bene (la conoscenza).
Naturalmente è proprio Nuwanda che, mentre tutti gli altri marciano all’unisono, esercita il diritto di rimanere fermo. Mentre “molti uomini hanno vita di quieta disperazione, perché non hanno mai nemmeno iniziato a cercare la propria voce”, Nuwanda fa sentire la propria persino davanti all’intero corpo studentesco, e presentandosi come profeta, chiede da parte di Dio che le ragazze vengano ammesse a Welton (altro che teoria gender e quote rosa…)
Come in ogni dittatura che si rispetti (per modo di dire), la punizione è tanto violenta quanto inutile: l’autore dello scherzo (la pubblicazione in forma anonima sul giornale dell’accademia di un trafiletto in cui si perorava l’apertura della scuola anche all’altro sesso) è costretto a scusarsi pubblicamente, a fare i nomi degli altri “correi” e a scrivere un articolo di smentita. Già, perché, dimenticavo di dirlo: Charlie è UN GIORNALISTA, a riprova del fatto che si può scrivere sotto un regime e purtuttavia mantenere la schiena dritta… Vedete quanti insegnamenti sono offerti da un “semplice” film su un professore eccentrico e i suoi impacciati studenti…
Neal/Puck teme un’epurazione generale, tale infatti era la pena minacciata dal preside Nolan, ma Charlie, manco a dirlo, fuga la preoccupazione dell’amico con un sorriso e un’affermazione: “come ho detto, mi chiamo Nuwanda” (che poi è Neo Anderson…).
Il mio miglior augurio per tutti noi che siamo arrivati fin qui è che la Welton Academy accolga presto le ragazze (il Femminile), e che tutti i dittatori, da Nolan al Conte Draghila, cedano davanti all’evidenza che chi ha resistito finora non rinuncerà mai più al nome di battaglia di “Nuwanda”
Dal Draghistan a voi studio
di Stella Picarò