MARCO DELLA LUNA – 1

La puntata del format domenicale Il Sentiero di Atlantide andata in onda domenica scorsa ha visto l’infaticabile conduttore Gianluca Lamberti e l’insostituibile ospite Nicola Bizzi in compagnia di Marco Della Luna, laureato in diritto e psicologia, filosofo e apprezzato conferenziere, per parlare di Fiabe, e per la precisione di FIABE DEVIANTI PER UNA CIVILTÀ IN ROVINA, il nuovo volume pubblicato dalle Edizioni Aurora Boreale e concepito da Marco per aiutare adulti e bambini a capire e affrontare meglio la realtà che ci circonda. Secondo l’autore infatti, le fiabe classiche fanno vivere ed elaborare ai bambini, in modo simbolico, avventuroso e non traumatico, i passaggi e i problemi che scandiscono lo sviluppo psichico. Ma oggi quella società, quella cultura, quella morale, quella normalità presupposte dalle fiabe classiche sono tramontate. È quindi tempo di fiabe che guidino a prepararsi per sopravvivere in un mondo disorientante e caotico, che per risorgere abbisogna di eroi di un altro ordine”.

Per me è stata una chiacchierata affascinante, perché alle fiabe (nella fattispecie a quelle raccolte dai Grimm) ho dedicato ben due tesi di laurea, per dimostrare come molte di esse non siano solo “narrazioni per bambini”; ma veri e propri manuali per alchimisti operativi che vogliano realizzare la Grande Opera non solo nell’Oratorium (alchimia spirituale) ma anche nel Laboratorium (alchimia pratica e spagiria). Le fiabe sono dunque un patrimonio culturale d’incomparabile valore, che dalla notte dei tempi accompagnano le “nuove leve” dall’infanzia alla maturità, passando per la trasformazione iniziatica, una simbolica morte dalla quale l’iniziando emerge adulto e consapevole di ciò che “muove il sole e l’altre stelle”. Per questo sono state prese di mira fin dal 1600, quando la Controriforma cattolica si è scagliata contro tutto ciò che potesse scalfire il potere della Chiesa. Per questo, afferma Italo Calvino, nelle fiabe italiane non compaiono gli spiriti elementali della Natura: perché sono stati espunti a favore degli angeli, dei demoni e dei curati di campagna (terribile ad esempio la fiaba Naso d’Argento, contenuta nella raccolta tripartita di Fiabe Italiane).

Disney ha proseguito l’opera demolitoria di questi veri e propri testi sacri, trasformando la dottrina della fiaba in buonista “morale della favola”. Ora, a prescindere dalla fondamentale

distinzione tra favola (ovvero racconto morale riconducibile a un autore più o meno noto, in cui i protagonisti sono animali antropomorfizzati) e fiaba (narrazione antichissima, perlopiù nata dal popolo, il cui protagonista viene iniziato in modo magico e compie un viaggio trasformativo, al termine del quale nulla è più come all’inizio); ecco, a parte questa distinzione che molti dimenticano o ignorano, Disney ha preso le fiabe e le ha trasformate in favole.

A tal proposito segnalo la splendida performance dell’autore e narratore teatrale Claudio Tomaello al FESTIVAL DI UMANITÀ 2022, dove il cantastorie ha spiegato la differenza tra la fiaba di Cenerentola tramandata dai Grimm e la “favola” di Cenerentola rielaborata da Disney. Ora, nel film la protagonista non fa altro che pulire e cantare che “i sogni son desideri”; la fata madrina le appare senza essere stata chiamata e il principe la sceglie e la trova senza che lei quasi abbia voce in capitolo. Per riassumerla in tre parole la morale della favola è “Aspetta e Spera”. La FIABA originale invece narra un percorso di presa di consapevolezza nel quale la protagonista si reca sulla tomba della madre e chiede aiuto al potere del Femminile, e dall’albero di nocciolo piantato da lei stessa su quel luogo sacro riceve tre abiti, uno per ogni sera del ballo. Cenerentola ha dunque già in sé il potere di trasformare la sua vita, e lo status regale che acquisisce sposando il principe non le deriva dalle nozze, ma è una manifestazione esteriore di quell’oro che ha trovato dentro di sé e che tinge progressivamente di luce i tre vestiti.

Sintetizzato in tre parole, l’insegnamento della Fiaba di Cenerentola è “Alzati e Cammina”, parole evangeliche potentissime, che, come ricorda Claudio Tomaello, possono trasformare la vita più di una bacchetta magica.

E ora veniamo al gran finale: la pessima versione del 2021, in cui un’improbabile fata trans chiede alla servetta ambiziosa se vuole “andare al ballo e conoscere un sacco di persone ricche che cambieranno la sua vita”. Ecco, a questo si riduce il viaggio iniziatico della protagonista: diventare una donna in carriera ed essere invitata a Davos… Sì, lo so, la scelta di trasformare la dolce Fata Madrina (per altro già rea di aver traviato il potere del Femenino Sacro) in un trans per di più di colore è stata dettata dal nuovo regolamento emesso nel 2020 dal Comitato per gli Oscar, che ha imposto che i film in gara avessero una “quota parte” di qualsiasi possibile e immaginabile minoranza woke vi possa venire in mente.[1] Ma qui qualcuno si è dimenticato che il punto della fiaba non è di insegnare alle bambine ad essere spietate carrieriste o ai bambini che se vogliono indossare tacchi e paillettes nessuno glielo può impedire. Qui il punto è che rimaneggiare una fiaba significa manipolare epi-geneticamente il sostrato stesso della nostra psiche. Forse gli inconsci sceneggiatori l’hanno fatto anche perché, come spiega bene Marco della Luna nell’intervista di domenica scorsa, la società è cambiata così tanto che le fiabe non bastano più a decodificarla. E allora leggeremo e narreremo fiabe nuove, come quelle di Marco, che nel suo stesso cognome attesta il rispetto per quel Sacro Femenino che ormai non si mostra più apertamente, ma che si cela in tutti noi.

Buona lettura e buon ascolto.

Stella Sophia Picarò

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