Questo giovedì si rinnova l’appuntamento con i contributi che gli amici di Facciamo Finta Che hanno inviato alla nostra redazione, dando vita alla sezione che abbiamo chiamato Faranno Finta Che, appositamente dedicata a tutti coloro che vogliono farci pervenire un loro scritto sulle tematiche che affrontiamo sul canale. Oggi approfondiremo la fiaba del Pifferaio magico, analizzando se le vicende narrate possono avere dei riscontri storici.

Le fiabe hanno sempre fatto sognare i bambini per generazioni, intrecciando storie di eroi coraggiosi, principi e principesse, maghi e streghe, ambientate in reami fantastici o in foreste incantate, dove il bene, alla fine, trionfa sempre sul male. Tuttavia, tra queste incantevoli narrazioni, ce n’è una che si distingue nettamente dalla solita trama adatta alla narrativa per bambini: una delle fiabe più antiche della tradizione folkloristica tedesca, che forse unisce mito e realtà – Il Pifferaio Magico (Der Rattenfanger Von Hameln). 

Prima di indagare se questo racconto possa avere radici in una vicenda reale, ripercorriamo la favola, la quale esiste in numerose versioni, ciascuna con particolari differenti.

Nell’anno 1284, nella pittoresca cittadina di Hamelin, in Bassa Sassonia, Germania, si diffonde un’invasione di topi che devastano i raccolti di grano e i depositi, gettando gli abitanti nella più cupa disperazione. Un giorno compare un uomo misterioso con in mano un semplice flauto e propone di liberare la città dai topi in cambio di una ricompensa. Il borgomastro (o secondo alcune versioni, i cittadini stessi o il re) accetta, promettendo all’uomo un adeguato compenso. Così il pifferaio inizia a suonare, e i topi, incantati dalla musica, lo seguono fino al fiume Weser, dove si gettano e annegano nelle forti correnti. Quando l’uomo torna in città per riscuotere la ricompensa, il borgomastro si rifiuta di pagarlo. Da qui in poi, la storia assume diverse varianti. Una delle versioni racconta che il pifferaio ritorni in città la mattina del 26 giugno, giorno della festa di San Giovanni e Paolo. Mentre gli adulti assistono alla messa in chiesa, lui comincia a suonare il flauto, e i bambini, che sono fuori a giocare, lo seguono. In fila dietro di lui, escono dalla porta orientale della città e continuano a seguirlo fino a raggiungere una grotta, dove scompaiono misteriosamente. Un’altra variante racconta che l’uomo porta via i bambini suonando il flauto mentre gli adulti dormono, conducendoli sempre fino a una caverna dove li rinchiude. Un’altra ancora narra che li conduce fino a un dirupo dal quale si gettano, trovando così la morte. Anche il finale ha delle varianti. Nella maggior parte delle versioni, l’unico testimone della vicenda è un bambino zoppo, incapace di tenere il passo con gli altri. Arriva troppo tardi, proprio mentre la caverna si richiude, inghiottendo per sempre i suoi compagni. In seguito, racconta tutto agli adulti, lasciandoli sconvolti e impotenti. In un’altra variante, invece, a salvarsi sono tre bambini: uno torna a casa a prendere la giacca, mentre gli altri due, uno cieco e l’altro muto, non possono testimoniare ciò che è accaduto. Le versioni meno conosciute, forse pensate per i più piccoli, hanno invece un lieto fine. In una, è un bambino a liberare tutti gli altri; in un’altra, è il pifferaio stesso che li porta indietro dopo aver ricevuto la ricompensa pattuita.

La fiaba è stata resa celebre dai fratelli Grimm, linguisti e filologi tedeschi, che hanno raccolto e rielaborato favole popolari tedesche, includendo il Pifferaio Magico nella raccolta Sagre germaniche, pubblicata nel 1816. Successivamente, il filosofo tedesco Wolfgang Goethe e il poeta britannico Robert Browing hanno ripreso la fiaba. Goethe ne scrisse una ballata intitolata Der Rattenfanger (L’acchiappa ratti), nella quale eliminò completamente il lato oscuro della storia, trasformando il protagonista in un personaggio positivo: un cantore noto e stimato, che ha viaggiato molto. Con le sue favole, non si limitava a essere un acchiappa bambini ma diventava anche un acchiappa ragazze, “dove più di una ha subito il suo incanto.” Robert Browing, invece, rielaborò la fiaba in versi per divertire il figlioletto malato di un caro amico. Introducendo alcune novità, la rese più adatta a un giovane lettore. Anche ai giorni nostri, il Pifferaio Magico continua a ispirare artisti come i celebri gruppi rock dei Pink Floyd e i Jethro Tull. Entrambi hanno tratto ispirazione dalla fiaba per tematiche legate al potere della musica e alla sua influenza sulle masse. I Pink Floyd fanno un riferimento esplicito nella loro canzone The Piper At The Gates Of Dawn (1967) che riprende il titolo di un capitolo del romanzo per bambini The Wind in the Willows (il vento tra i salici), ma richiama anche l’immagine del pifferaio incantatore e misterioso.

I Jethro Tull, con Ian Anderson, invece, hanno esplorato spesso motivi fiabeschi e legati al folklore europeo, richiamando il carisma del pifferaio in canzoni come The Pied Piper anche se non direttamente collegata alla fiaba originale. In Italia, la fiaba ha ispirato il cantautore Edoardo Bennato che ha ripreso la storia nel brano La fantastica storia del pifferaio magico (2005); gli Articolo 31 l’hanno reinterpretata nella canzone Il pifferaio magico (1993). Roberto Vecchioni, invece, ha rielaborato la fiaba nel Libraio di Selinunte (2004), rappresentando il pifferaio come colui che, invece di portare via i bambini, sottrae le parole. Questo avviene dopo che un incendio, appiccato dagli abitanti della città, distrugge una libreria.

Ma la fiaba ha qualche fondamento storico?

Alcuni documenti risalenti ai secoli XIV e XVIII menzionano una vetrata del 1300, appartenente a una chiesa del mercato distrutta nel XVII secolo, che raffigurava un uomo con un flauto seguito da una fila di bambini. Prima che la vetrata venisse distrutta, un viaggiatore ne realizzò una copia ad acquarello nel 1592. Ancora oggi ad Hamelin vige una legge non scritta che vieta di cantare o suonare musica in una determinata strada, in segno di rispetto per le vittime. Sulla facciata della Hochzeishaus (la “Casa dei Matrimoni”) è presente un’iscrizione del 1600 che recita: “Anno 1284, nel giorno di San Giovanni e Paolo, il 26 giugno, un pifferaio con abiti variopinti adescò 130 bambini di Hamelin, che furono persi al calvario del Koppen.” Un’altra testimonianza è rappresentata da una pietra, originariamente parte di una porta della città, oggi conservata nel museo locale. Su di essa è inciso: “Nell’anno 1556, 272 anni dopo che il mago condusse 130 bambini fuori dalla città, questa porta fu eretta.”

A quale evento fa riferimento la fiaba?

Esistono, infatti, eventi reali, seppur forse un po’ idealizzati, che potrebbero essere collegati a questa storia. Una delle ipotesi più accreditate riguarda una migrazione di gruppi di giovani verso altri Paesi. Nei registri comunali di Hamelin, ad esempio, sembrerebbe documentato che nel 1284 la città fu colpita da una carestia causata dai topi, che distrussero tutti i raccolti. Questo evento avrebbe spinto molti giovani a migrare verso est, in regioni come la Transilvania, alla ricerca di condizioni di vita migliori. Ladislao IV d’Ungheria, invitò i tedeschi a popolare le sue terre disabitate, promettendo loro l’esenzione del pagamento delle tasse. Per reclutare soldati o ricollocare agricoltori in altre aree, si utilizzava spesso la figura del Lokator, un uomo a cavallo che indossava abiti sgargianti e radunava gli abitanti nelle piazze con l’uso di un fischietto o strumenti musicali, come una fanfara. Da qui potrebbe derivare l’idea del flauto. Altre teorie, invece, suggeriscono che i bambini e i giovani della storia siano morti in battaglia. Il filosofo Gottfried Leibniz ipotizzò, ad esempio, che si trattasse di un reclutamento per una crociata dalla quale nessuno fece ritorno. Si parla anche di un’epidemia di peste, benché la peste nera, la più famosa raggiunse l’Europa solo nel 1347.

Un’altra ipotesi lega la vicenda a una possibile calamità naturale, come l’esondazione del fiume Weser o una grande frana delle montagne circostanti Hamelin.

La figura del pifferaio magico, in questo contesto, potrebbe essere interpretata come un simbolo di punizione divina, una guida ingannatrice o una vicenda sociale.

In ogni caso, la fiaba rimane un mistero irrisolto nei secoli, affascinando ancora oggi per la sua complessità e il suo alone enigmatico.

di Roberta Tassinari

  • Per approfondire le tematiche legate al mondo delle fiabe, vi consigliamo due puntate di Facciamo Finta Che legate a questi argomenti:

 

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