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“In principio era l\’Ombra… no… non va bene tradurre così.

In principio era il Dubbio… Già meglio…

In principio era il Diavolo, e il Diavolo era presso Dio, e il Diavolo era Dio, ed era una Donna: era la sua parte Femminile, che lui temeva, perché non gli era stata ancora conferita la qualifica di Onnipotente e quindi temeva che esistesse qualcuno più potente di Lui… L\’Eterno Femenino, per esempio. Per questo l’aveva subito depotenziata, trasformandola in un angelo asessuato che era prontamente stato precipitato giù dai Cieli solo perché era un grande estimatore delle proprie doti, e poi l’aveva di nuovo tramutato in demone (d’altra parte, lui era diventato Dio Creatore e quindi doveva avere una controparte destruens), e infine in diavolessa, Lilith… Tanta fatica per arrivare di nuovo a una donna, che comunque era più potente di lui e gli tentava tutti i profeti e i condottieri con mille travestimenti”.

Da un ironico e ovviamente immaginario “Vangelo secondo Giovanna” che ci siamo divertite a inventare (finché qualcuna non lo vorrà scrivere per davvero) per inaugurare uno dei moltissimi discorsi sulla Donna che leggerete oggi, 8 Marzo.

Beh… a dire il vero della Donna si parla ormai sempre, e forse troppo… Il potere del femminile, la Maddalena rivisitata in chiave New Age, la Candelora in prospettiva gnostica, le Grazie e la Primavera esoterica del Botticelli, l’aspetto materno della festività celtica di febbraio (che tanti invocano dimenticando, o tutt’affatto ignorando che il termine Imbolc in irlandese significa sì “in grembo\”, ma si riferisce alla gravidanza delle pecore…), e potremmo proseguire con l’elenco di significativi topoi letterari che, esaminati singolarmente, rappresentano tutti una solida tradizione che attesta il potere del Femminile; ma il problema è sempre il calderone del sincretismo di cui è vittima il nostro tempo, la nostra civiltà, che ha perso il suo passato e che cerca un futuro Altrove, ad Est, o nell’estremo Nord, spesso dimenticando che il futuro è nel passato. Eppure questi due anni d’infodemia dovrebbero averci insegnato che “chi controlla il passato controlla il futuro e chi controlla il presente controlla il passato”. Il nostro presente è ora dominato da una banda di golpisti per di più fantocci di un Governo Ombra, che non si disvela mai apertamente, ma che ormai abbiamo imparato a riconoscere dal loro simbolismo, proprio perché “i loro simboli li tradiranno”.

Potremmo quindi davvero dilungarci in questa lista fittizia e sincretistica di figure femminili a cui rifarsi: da Iside con Horus in braccio alla Madonna nera con Bambino (bianco… misteri della genetica), a Santa Sara, il Sang Real, la nera Kali, la Shakti di Shiva e la Maddalena del Messia… Ma tutto ciò, temo, non sarebbe utile a cambiare il punto di vista, perché tutte queste figure sono abusate ormai, proprio come molte donne, che sopportano in silenzio le violenze dei compagni, dei colleghi, della società, della civiltà, del patriarcato.

Sopportiamo da millenni, perché viviamo in un mondo misogino in cui il maschio (non l’Uomo, che è ben altro) ci ha privato della nostra carica erotica. Chi la esercita diventa automaticamente “puttana”… perché non sia mai che una donna possa inseguire l’eros… Che resti pure una femmina isterica, ossia, letteralmente, dotata di utero (hystera in greco), senza diventare mai una Domina… una padrona di se stessa… Che sia sempre vincolata alle sue necessità biologiche e non sia mai libera di dedicarsi, lo ripetiamo di nuovo, all’eros… Già, perché eros è scoperta, è il piacere di quei momenti di ampliamento della coscienza in cui all’improvviso l’orizzonte si allarga, la vista può spaziare di più e si possono cogliere maggiori e più vividi dettagli.

L’eros ci fa crescere, e negandolo alle Donne, gli uomini lo hanno negato anche a sé stessi. La soluzione, quindi, non è togliere a loro il potere per assumerlo noi. Questo vorrebbe dire passare da un patriarcato violento e oppressivo a un matriarcato rancoroso e vendicativo. Meglio sarebbe instaurare la gilania, termine coniato dall’antropologa Maria Gimbutas e che unisce le sillabe gy (gyne significa donna in greco) e an (andros indica l’uomo, sempre in greco) attraverso la consonante l, che in glottologia si definisce “liquida” e che serve a mescolare due sonorità distinte, a fonderle in un nuovo, splendido fonema. Ecco la gilania: il potere penetrante del maschile viene a potenziare la qualità accogliente del femminile, e insieme creano universi.

La Gimbutas ne parlava già a metà del secolo scorso, e se la sua visione non si è ancora realizzata è perché il Governo Ombra conosce bene le dinamiche alla base del comportamento umano, ed è riuscito a disinnescare questa schopenhaueriana “volontà di potenza coeundi” attraverso l’arcinota tecnica del divide et impera: se i due sessi cooperano, capiscono che insieme sono più forti che separati… Meglio allora tenerli divisi. Meglio ancora: raccontiamo loro che i due sessi non esistono nemmeno più, così non solo non potranno trarre forza dalla loro unione, ma non potranno ricavare energia nemmeno più da sé stessi, dato che, letteralmente, non sapranno più CHI o COSA sono, ed ecco che il Nuovo Disordine Mondiale sforna il concetto di gender fluid.

Per amor di chiarezza, diciamolo in modo esplicito: se le vostre cellule sono XX, siete FEMMINE. Se sono XY, siete MASCHI. Poi vi potete sentire quello che vi pare e potete avere l’orientamento sessuale che preferite; ma la vostra realtà biologica è immutabile, e invece di negarla o cercare di cambiarla, dovremmo venerarla e trarne forza.

Detto ciò, voglio cogliere l’occasione dell’8 Marzo per commemorare una donna… Avrei potuto scegliere Maria l’Egiziaca, la prima alchimista della storia, che sento un po’ come mia collega… Ma ci ha lasciato pochi scritti apocrifi e non ha parlato molto di sé, per cui ho preferito optare per un’altra donna che percepisco come mia collega, ma in un ambito un po’ diverso: mi riferisco a Cristina da Pizzano, la prima donna scrittrice di professione, che nel bel mezzo del Medioevo e tra le angherie della corte francese fu in grado di mantenere se stessa, la madre vedova e i tre figli dopo essere rimasta orfana di padre e vedova ella stessa.

Cristina aveva avuto la fortuna di nascere in una famiglia colta: suo padre era medico e astrologo di corte e conosceva l’importanza della cultura. D’accordo, Francesco Bacone avrebbe “coniato” il suo celebre motto scientia potentia est – sapere è potere – solo nel 1597… e Cristina era nata nel 1364… ma diciamo che l’idea che “l’informazione è potere” circolava già da un po’… Almeno da quando Aristotele aveva deciso che certe dottrine potevano essere divulgate solo a una ristretta cerchia, e perciò le aveva relegate agli scritti esoterici, che differivano da quelli essoterici proprio per la segretezza degli insegnamenti ivi raccolti.

Ma torniamo a Cristina: il padre la inizia agli studi, al latino, al francese, all’astrologia e alla matematica. La marita con un uomo altrettanto colto quando ha solo (o per l’epoca già) 15 anni… E la donna resta vedova dopo 10 anni di un insolitamente felice matrimonio benedetto da tre figli. A questo punto siamo nel 1385; alla corte di Francia regna come sempre, ma più del solito, lo scompiglio, il defunto marito le ha lasciato un patrimonio tutto da riscuotere e la libertà di dedicare la sua intera vita alla cultura. Il suo primo gesto letterario è un peana in cui piange l’amato consorte e compiange se stessa e la propria sorte di vedova. Terminato il lutto, inizia a scrivere freneticamente, scrive per curarsi, scrive per lenire la sofferenza, e poi scrive ancora perché è guarita, è rinata. Ha assorbito le energie maschili del marito, diventando lei capofamiglia, creando un atélier con vari scrivani e copisti e l’eccellente miniaturista Anastasia.

Cristina ha attuato una vera e propria metanoia, un cambio di stato, una trasformazione intima profondissima, si è specchiata nelle acque di una dolorosa solitudine e ne è emersa nuova, forte, matura e consapevole del proprio valore. Si sente diversa, si vede diversa, più “maschia” (il che, lo ripetiamo, non è un ammiccamento al genderfluid).

La sua cultura le dà il coraggio e la sicurezza di confrontarsi coi colleghi uomini, spesso molto più ignoranti di lei; le sue approfondite conoscenze del mito e della storia le mostrano la strada della saggezza femminile e le suggeriscono come riorganizzare le vite e le relazioni educative e sociali. E così concepisce una “Città delle donne”, per accedere alla quale le aspiranti cittadine devono però prima di tutto diventare consapevoli del proprio valore e recuperare quella fiducia in sé stesse che svariati millenni di feroce patriarcato hanno minato alla base.

Cristina ce l’ha fatta, con saggezza, grazia e fermezza, in un secolo in cui una donna non poteva uscire di casa da sola, o a testa scoperta o se non era sposata o vedova. Il mio augurio per la festa della Domina è che anche noi possiamo uscire di casa con grazia e saggezza, coltivando il nostro Femminile e andando incontro a un Maschile che sarà pronto ad accoglierci appena sentirà che le nostre energie hanno rilasciato ogni rancore sopito e che noi siamo pronte a una nuova co-creazione.

Chi si fa leggere i tarocchi talvolta si lascia spaventare dal Diavolo. Ma la quindicesima Lama porta nella vita del consultante la ventata di novità del dubbio, che ribalta tutte le certezze e mostra la realtà da un’altra prospettiva. Nel Faust di Goethe Mefistofele si presente come “lo spirito che sempre nega” (ich bin der Geist, der stets verneint). Fosse stata una diavolessa forse si sarebbe presentata come lo spirito che sempre s’interroga, o si meraviglia: ich bin der Geist, der sich immer wundert.

Per augurarvi una primavera erotica, ossia colma di scoperte, ho scelto la versione al femminile della quindicesima lama perché per me in primis è stata una sorpresa. Chi mi ci ha condotto è una strana Musa, che forse si riconoscerà. Io ogni caso io so chi è, come ciascuno conosce chi sono le persone che possono ribaltare la prospettiva e portare una ventata di novità.

L’Eterno Feminino ci attragga a Sé

di Stella Picarò

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