La scienza e la biotecnologia avanzata potrebbero in futuro realizzare navi spaziali che vivono, crescono e si adattano come esseri viventi?

Questa teoria è stata trattata in diversi ambiti, dalla scienza teorica alla narrativa fantascientifica.

Nel libro di Michael Wolf “The Catchers of Heaven”, tradotto in italiano come “I Guardiani del Cielo”, l’ex militare descrive diverse esperienze legate a contatti extraterrestri, tecnologie avanzate e progetti classificati top secret all’interno di programmi governativi. Tra i vari temi, Wolf affronta il concetto di “bioship” o navi biologiche. Ma cosa sono esattamente queste bioship secondo Michael Wolf?

Egli le descrive come veicoli spaziali estremamente avanzati, sviluppati e utilizzati da civiltà extraterrestri altamente evolute che hanno integrato a fondo biologia e tecnologia. Queste navi non sarebbero costruite solo con materiali meccanici o tecnologici, ma includerebbero tessuti viventi, parzialmente o interamente biologici. Per esempio, se lo scafo di una di queste navi venisse danneggiato, non servirebbe un intervento esterno per ripararlo: la struttura si rigenererebbe da sola, come una ferita sul corpo umano che si richiude nel tempo. Inoltre, le bioship sarebbero capaci di crescere e rispondere ai comandi telepatici dei loro piloti.

Le bioship, secondo Wolf, svilupperebbero un legame simbiotico con il loro equipaggio, reagendo ai pensieri, alle emozioni e alle intenzioni degli occupanti. Questa interazione biologica consentirebbe di leggere i bisogni dell’equipaggio attraverso segnali biochimici o neurologici. L’ex militare ritiene che l’interazione con le bioship non sarebbe solo funzionale, ma anche profondamente spirituale, avvenendo tramite campi energetici condivisi.

Secondo lui, piloti ed equipaggi altamente evoluti avrebbero una profonda comprensione e padronanza dell’energia universale, associata a forme di energia sottile. Le bioship sarebbero progettate per entrare in risonanza con queste energie, creando un flusso armonioso tra l’entità biologica e la nave stessa.

Wolf suggerisce inoltre che le bioship potrebbero essere considerate “insegnanti” spirituali. Attraverso l’interazione con queste navi, gli esseri umani potrebbero sviluppare una maggiore consapevolezza cosmica e spirituale. Questa connessione stimolerebbe una crescita interiore, fornendo conoscenze ed esperienze attraverso il loro sistema vivente. In sintesi, secondo Michael Wolf, le bioship non sono soltanto strumenti di trasporto avanzati, ma veri e propri partner nell’esplorazione dello spazio e della conoscenza, creando un rapporto simbiotico tra tecnologia, biologia e spiritualità.

Wolf sostiene di aver lavorato per il governo degli Stati Uniti, collaborando direttamente con alcune razze aliene e ottenendo informazioni riservate sulle bioship. Queste navi, secondo lui, dimostrerebbero come le tecnologie aliene fondano scienza, biologia e spiritualità.Tuttavia, non essendoci prove concrete a supporto delle sue dichiarazioni, molti critici ritengono che le sue affermazioni siano interpretazioni creative di concetti scientifici.

Secondo Wolf, molte razze aliene considererebbero le bioship un’estensione del proprio corpo, una proiezione tecnologica di sé. Egli accenna anche alla possibilità che scienziati terrestri stiano cercando di replicare queste navi biologiche, ma con scarsi risultati a causa dalla complessità bio-tecnologica.

Nel presente, la scienza sta esplorando materiali biotecnologici, come i biopolimeri, e sistemi ispirati alla biologia per applicazioni spaziali, come l’uso di batteri o funghi per creare strutture autorigeneranti. In ambito fantascientifico, invece, il concetto di astronave vivente è stato rappresentato, ad esempio, dalla nave Moya nella serie televisiva Farscape, dotata di intelligenza propria e capacità biologiche straordinarie, o da entità biologiche aliene in Star Trek capaci di viaggiare nello spazio come fossero navi. Anche nella letteratura, in romanzi di autori come Alastair Reynolds o Peter F. Hamilton, la biotecnologia avanzata è spesso integrata con l’idea di navi “organiche”.

Quali potrebbero essere le possibili applicazioni future se queste teorie venissero realizzate? Si potrebbero sviluppare materiali bio-ingegnerizzati per costruire habitat spaziali autogeneranti o astronavi viventi che forniscano ambienti dinamici, riducendo la necessità di manutenzione esterna. Inoltre, l’ingegneria genetica potrebbe creare sistemi viventi capaci di produrre energia o componenti utili autonomamente nello spazio.

Chissà, forse in un angolo remoto dell’Universo o in una realtà parallela, qualcuno ha davvero dato vita a una nave così straordinaria: un essere che respira, pensa e diventa un tutt’uno con chi la pilota.

di Roberta Tassinari

 

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