La paura non esiste. Esiste solo la paura di avere paura”.

Così sostiene Corrado Malanga in numerose delle sue più recenti conferenze ed interviste. Uno spunto di partenza per una riflessione molto ampia che occorre affrontare in questo percorso di acquisizione di consapevolezza di sé, per poter giungere davvero ad un esito soddisfacente.

Perché la paura non esiste? Potremmo dire innanzitutto che non esiste l’oggettività della paura, ma soltanto la paura soggettiva del singolo individuo. Tra paura dell’uno e paura dell’altro le differenze sono minime, per cui si parla comunemente di paura come sensazione trascendente rispetto al soggetto. E in effetti le neuroscienze e la psicologia sanno spiegare che cos’è la paura in senso oggettivo, complessivo e collettivo. Ma se ognuno di noi sta cercando di conoscere se stesso, non possiamo uscire dal recinto della paura strettamente individuale, che poi è l’unica che conta. Se chi ho di fronte ha paura, mi trasmetterà paura e me la farà provare solo se io, a livello inconscio o “sottile”, decido di attivare i recettori della paura, altrimenti posso anche rimanere impassibile o persino scoppiare in una piacevole risata. Siamo infatti nell’ottica di considerare i perché di tutto ciò che ci accade, non i come. Per i come possiamo sicuramente rivolgerci a studi, discipline e settori della scienza, ma per i perché occorre un percorso diverso, un altro approccio. Come succede che ho paura, cosa accade dentro di me, ci racconta solo il processo psichico e fisico ma non la sua origine né il significato profondo di questo stesso meccanismo, aspetto che va indagato su altri piani.

Abbiamo la necessità di conoscere la nostra paura, la paura di ciascuno di noi, ognuno la sua, ognuno per sé. Quindi, la paura non esiste in quanto paura oggettiva; ma in quanto paura soggettiva, invece?

Secondo il Prof. Malanga, dicevamo, non esiste punto e basta, e non esiste proprio sul piano soggettivo e individuale. Questo perché psicologicamente la paura nasce dall’ignoranza, da una non conoscenza, potremmo dire da una scarsa consapevolezza. Se io non so che dietro l’angolo c’è qualcuno in agguato pronto ad aggredirmi fisicamente, mi basta pensare a questo possibile evento per provare paura nell’andare avanti verso quell’angolo (quindi, mi basta pensare per creare l’evento e spaventarmene); ma se io so bene che dietro l’angolo c’è chi mi vuole aggredire, non ha alcun senso provare paura (e di fatto non la provo) perché conosco la situazione e posso fare le scelte che mi portano ad evitare il pericolo o ciò che percepisco come tale (o magari andargli incontro, se è quello che voglio). Ecco allora che per superare la paura e fortificarci contro il meccanismo che la genera è fondamentale fare il percorso di acquisizione di consapevolezza, che porta ad illuminare il più possibile l’inconscio e la sua ombra. Per superare la paura, se la si vuol superare, mentre chi vuole continuare ad essere vittima occasionale delle proprie paure è libero di fare come meglio ritiene, a patto di non prendersi in giro raccontandosi che la consapevolezza è inutile perché avere paura in fondo è bello.

Le discipline orientali spingono in molti casi il praticante verso varie forme di ascetismo, che consiste in un tendenziale silenzio interiore fino alla potenziale inattività: non scendere più nella materia o entrarci il meno possibile, astraendosi ed elevandosi sul piano coscienziale. Ciò conduce ad una potente indifferenza e a quella pace imperturbabile che spegne sul nascere ogni ipotesi di paura, per mezzo proprio dell’acquisizione della consapevolezza di sé. Si giunge infatti all’io-sono con pienezza ed espansione, così che la gran parte dei potenziali eventi esteriori non possa cadere dentro l’orizzonte del soggetto. È di fatto un campo di gravitazione controllata nel quale moltissimi corpi non possono entrare, ma solo sfiorarlo senza conseguenze. E non sarà un caso che, sempre secondo gli studi di Malanga sulla fisica quantistica, la gravità non è altro che la coscienza o una forza coscienziale.

La paura è quindi inversamente proporzionale alla forza: meno sono forte, più avrò paura; più sono debole, più avrò paura. Il percorso di acquisizione di consapevolezza rafforza, fornisce strumenti, quasi vere e proprie armi nell’affrontare l’esistenza. La prima e più importante arma è la consapevolezza che io sono l’altro. Tutto ciò che mi accade intorno non è altro che il frutto delle mie proiezioni, del meccanismo di continui rimandi originato dall’estroiettare il proprio Sé.

Ma se io sono l’altro e l’altro sono io, se tutto ciò che mi capita o mi può capitare l’ho voluto io, se succede solo quello che io voglio, come posso aver paura?

Paura se non conosco, paura se ignoro, paura se non sono consapevole. Paura se non ho capito, se non mi conosco, se non mi sono guardato dentro. Tutto ciò che ho in ombra mi spaventa perché ce l’ho in ombra, ma se io faccio luce su quell’ombra ecco che la consapevolezza svela la realtà e rafforza la convinzione di essere.

In altre parole, se tutto quello che mi accade all’esterno nasce da qualche parte dentro di me, non solo non c’è nulla di cui devo aver paura ma è sufficiente (pur se non certo facile) illuminare la mia oscurità profonda per essere dentro tutto ciò che mi può accadere fuori. Faccio quello che sono anche nel senso che mi succede ciò che voglio, cioè quello che ho dentro anche (e soprattutto) nell’inconscio. E nell’istante in cui ho raggiunto la consapevolezza di chi sono e di cosa contengo nel mio essere, qualsiasi cosa si possa verificare all’esterno è già successa dentro di me, l’ho già vissuta, l’ho già vista e percepita, l’ho già disinnescata.

Se l’esterno nasce nell’interno, cosa mai dall’esterno potrà farmi del male? Male inteso come peggioramento, deterioramento, cambiamento negativo o inatteso. Ecco, basterebbe quindi attenderselo per impedirgli di nuocere. Ma comunque, se è già tutto dentro di me, non può esistere alcuna modifica del mio essere perché il mio essere è già tutti gli accadimenti potenziali, nel senso che li possiede. Essere in quanto avere dentro.

È un discorso legato alla separazione, il ché rappresenta un ossimoro (legato e separazione). Ma che cos’è l’alchimia se non un ossimoro danzante? E l’alchimia parla di opposti che si compenetrano e si contengono in nuce per poi scoprire, all’esito del percorso alchemico, che gli opposti sono tali proprio in quanto coincidono. Come l’universo non-locale di Bohm che vive di un unico istante, l’inizio è la fine e la fine è l’inizio. Zero gradi di separazione sono la misura della felicità, e la felicità per la paura è come il sale per la terra (anche in senso alchemico). Puoi essere felice se non hai paura ma per non avere paura devi già aver raggiunto quella condizione che ti permette di essere felice, la consapevolezza di sé.

Maggiore è il senso di separazione tra io e l’altro, minore è la consapevolezza di io chi sono?, maggiore sarà la possibilità di avere paura e minore sarà la felicità.

Il percorso di acquisizione di consapevolezza serve solo per comprendere che non c’era bisogno di fare nessun percorso, ma per comprenderlo bisogna averlo fatto.

Per arrivare alla zero separazione occorre affrontare la separazione, colmare la distanza fino a distruggerla; ma ciò è possibile solo comprendendo che la separazione si crea nel momento stesso in cui viene ridotta e azzerata. Come la paura nasce dalla volontà di essere felici.

Un metodo utile a vincere la paura è quello dell’agguato sciamanico di Carlos Castaneda, più volte ricordato dal Dott. Pierluigi Mulattieri nei tanti episodi del format “Conosci te stesso” su MesbetTV. Cambiare nettamente, anche bruscamente, le proprie abitudini e la propria routine per allontanare da sé i muri opprimenti della coscienza debole, quella di chi si fa vivere dalla vita ed è vittima del fare passivo, cioè l’individuo che non fa la realtà ma si fa fare da essa. Affrontare la paura di faccia, compiendo esattamente quelle azioni che ci spaventano e proprio in quanto ci spaventano, consapevoli che se abbiamo paura è solo perché non abbiamo (ancora) conoscenza.

di Simone Aversano

  • Questo è il settimo articolo di una serie ispirata al percorso “Conosci te stesso”, i primi articoli sono disponibili cliccando sui seguente link:

1 – “Siamo quello che non siamo“; 

2 – “Il costo dell’esperienza“;

3 – “L’altruismo è il peggior egoismo“;

4 – “Io sono dentro lo specchio“;

5 – “Il problema dell’efficacia“;

6 – “Il silenzio è la risposta“.

  • Per approfondire le tematiche dell’articolo, ecco la playlist alla terza stagione del format “Conosci te stesso”, appuntamento settimanale con il dr. Pierluigi Mulattieri andato in onda sul canale youtube MesbetTV:

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