Introduzione

La recente ondata di “droni”/UFO/UAP rappresenta sì un fenomeno di portata eccezionale, ma, storicamente parlando, ci sono illustri precedenti.

I fatti che videro luogo in California, vicino a Los Angeles, tra il 24 e il 25 febbraio 1942 sono paradigmatici di come anche in passato vi siano state ondate di avvistamenti improvvisi.

Invasione?

Era una fresca notte di febbraio, quando le sirene di allarme aereo cominciarono a suonare nella zona di Santa Monica. A pochi mesi di distanza dall’attacco a Pearl Harbor, il pensiero che si insinuò con forza nelle menti di tutti fu che il Giappone stesse portando un’offensiva aerea su suolo statunitense.

Al fine di rendere meno visibili le costruzioni a terra, venne ordinato un blackout generale. I radar riportavano numerosissimi oggetti nei cieli di Los Angeles, oggetti che venivano chiaramente visti dal personale delle Forze Armate statunitensi così come da migliaia di cittadini atterriti.

Sembrava di essere al centro di una vera e propria invasione. Alle 3.16 della mattina la 37° Brigata di Artiglieria costiera iniziò a spazzare i cieli con proiettili da quasi 6 kg, puntando gli oggetti luminosi che si stagliavano nel cielo e che la contraerea si impegnava a illuminare al meglio.

Nel giro di poche decine di minuti, l’intera California meridionale aveva gli occhi al cielo, illuminato da luci inspiegabili. Una di esse, in particolare, era di dimensioni rilevanti e fu oggetto di un fuoco di sbarramento massiccio, che però non portò a nulla, dal momento che il velivolo non parve subire alcun danno.

Per meglio comprendere la natura di quanto accadde, risulta indispensabile esaminare le testimonianze fornite all’epoca da coloro che poterono assistere alla inspiegabile vicenda.

Di estremo interesse quanto raccontato da una riservista che viveva a poca distanza da Santa Monica. Il suo telefono di casa squillò: era il supervisore, che le chiese se stesse assistendo a quanto avveniva nei cieli. La giovane donna, che in realtà stava dormendo, si precipitò alla finestra, e quanto vide fu al di là della sua immaginazione: «Era gigantesco! Enorme! E si trovava praticamente sopra casa mia. Non avevo mai visto nulla del genere in tutta la mia vita. Stazionava fermo nel cielo, con movimenti rari e di lieve entità; era una luce di colore arancione pallido». Continua la riservista: «Vennero fatti partire in scramble dei velivoli che lo intercettassero, cosa che avvenne prontamente. Vidi centinaia di colpi sparati contro l’oggetto, ma sembrava che non gli facessero nulla».

Molto preciso anche il resoconto di un altro testimone oculare, all’epoca quattordicenne, che potè assistere agli avvenimenti dalle parti di Crenshaw con altri membri della sua famiglia: «Le sirene di allarme aereo ci svegliarono alle 2. Al che seguì un periodo di silenzio, interrotto all’improvviso dal fuoco della contraerea. Verso nord-ovest il cielo fu illuminato da colpi e dai traccianti. Ricordo chiaramente numerosi fari della contraerea che da terra cercavano di illuminare numerosi oggetti che si muovevano a bassa velocità, apparentemente in formazione. Essi sembravano non preoccuparsi minimamente del fuoco di saturazione che gli veniva sparato contro. Non riuscii a identificare gli oggetti come nulla di noto, e ciò che mi stupì di più, nei giorni successivi, fu che, pur con tutta la potenza di fuoco sviluppata contro questi velivoli, non sia stato trovato nulla abbattuto a terra.»

Di testimonianze come queste ve ne sono centinaia, tutte concordi nel descrivere la presenza di oggetti luminosi che avevano invaso lo spazio aereo nella zona di Los Angeles e aree limitrofe, senza che la contraerea e i velivoli mandati a respingere la minaccia potessero fare qualcosa, dal momento che gli oggetti non subivano danno alcuno.

Con il passare delle ore le luci anomale si diradarono per poi scomparire, e alle 7.21 della mattina del 25 febbraio venne revocato l’ordine di black-out generale. Nessun velivolo venne trovato a terra abbattuto, come se le migliaia di colpi sparati non avessero colpito alcunché.

Media, versione ufficiale e ipotesi

Di fronte a uno scenario del genere, in cui innumerevoli persone videro lo stesso evento, si scatenarono le reazioni più varie.

Il clima del momento, occorre tenere presente, era molto teso, poiché si temeva un imminente attacco giapponese. Due giorni prima, infatti, un sommergibile della Marina Imperiale giapponese era emerso nei pressi di Santa Barbara e aveva preso a cannonate una raffineria.

Tuttavia, era evidente come quanto accaduto il giorno precedente non fosse riconducibile a un fenomeno noto, senza dimenticare che, inoltre, non si era nemmeno trattato di un attacco, dal momento che gli unici danni erano stati causati da “fuoco amico” dovuto alla ricaduta di proiettili a terra e che le misteriose luci non avevano compiuto alcun atto apertamente ostile.

I giornali titolarono a caratteri cubitali che l’allarme era reale. Infatti, la prima reazione della Marina, espressa tramite il Segretario Frank Knox, fu quella per cui si sarebbe trattato di un semplice falso allarme sorto per il clima teso in cui versava la popolazione. L’Esercito, mostrando una linea di pensiero differente, affermò che si trattò di errate identificazioni di velivoli commerciali utilizzati per intenti di guerra psicologica al fine di creare panico.

Risulta quindi comprensibile la vena polemica mostrata dai quotidiani, i quali fecero notare come, se davvero si era trattato di un falso allarme, allora erano stati sparati migliaia di colpi a vuoto, cosa davvero preoccupante ove effettuata da coloro che avrebbero dovuto difendere un’intera nazione.

Si può notare, in nuce, la messa in moto di un tipico meccanismo di insabbiamento, fatto di tentativi di mantenere calma la popolazione e di negare alle fondamenta quanto successo. Su tale linea di pensiero – il che è molto importante da un punto di vista storico – si collocò subito dopo i fatti gran parte della stampa dell’epoca. Sul Long Beach Independent si può leggere come vi fosse una strana forma di reticenza sull’intera faccenda e come fosse in opera una sorta di censura finalizzata a bloccare qualsiasi tentativo di discussione sulla materia.

Basti pensare che il deputato californiano Leland Ford chiese un’investigazione parlamentare al Congresso che facesse chiarezza in merito agli eventi del 24-25 febbraio, dal momento che nessuna delle spiegazioni fornite fino ad allora poteva spiegare del tutto quanto accaduto.

Ipotesi e nuove analisi

Si è parlato di isteria collettiva, di errata identificazione di palloni sonda, di velivoli giapponesi, ma ogni ipotesi si scontra di fronte alle due constatazioni che seguono: migliaia di testimonianze sono concordi a descrivere gli oggetti come luminosi, in grado di muoversi per proprio conto, non semplicemente mossi dal vento. Non solo, sono stati sparati tantissimi colpi contro questi oggetti, e nessuno di essi è stato abbattuto. Di conseguenza, ci troviamo di fronte a qualcosa di totalmente anomalo, che rifugge qualsivoglia spiegazione convenzionale.

Un aiuto significativo alle indagini è stato fornito di recente dall’analista fotografico Steven Lacey e dal ricercatore Bruce Maccabee.

La cosiddetta battaglia di Los Angeles è stata infatti immortalata da uno scatto emblematico. In esso si vede il cielo notturno illuminato da traccianti e da puntatori convergenti verso un oggetto centrale dalla forma non ben definita. Lacey, tramite l’utilizzo di filtri grafici, è riuscito a migliorare la qualità delle immagini, giungendo a mostrare con maggiore chiarezza la natura dell’oggetto in questione: un velivolo dalla evidente forma discoidale, con intorno un alone chiaro, forse prodotto dalle esplosioni dei colpi contro una sorta di scudo a protezione del velivolo.

La natura dell’oggetto, pertanto, è totalmente non identificata: non si trattava di un velivolo giapponese o americano, non poteva essere un pallone sonda né un semplice prodotto dell’isteria collettiva. A tutti gli effetti, quindi, un Ufo, oggetto volante non identificato.

Considerazioni conclusive

L’evento passato alla storia con il suggestivo nome di “battaglia di Los Angeles” è fonte di numerosi spunti di riflessione. Per prima cosa, si è trattato di un evento di massa, visibile da migliaia di persone in una zona estremamente urbanizzata quale l’area di Los Angeles. Sotto questo punto di vista, evento piuttosto raro, dal momento che la casistica riporta molti più avvistamenti su scala decisamente inferiore, in cui i testimoni superano molto raramente il centinaio di persone. Proprio per questo, però, risulta un caso eclatante, un caso in cui le spiegazioni semplicistiche non bastano e che, al contrario, dette spiegazioni denotano la propria natura intrinsecamente vuota e non volta a indagare seriamente un fenomeno. Impossibile parlare di errate identificazioni, la realtà dell’evento fu palese a tutti.

Le finalità di quanto accaduto, però, risultano alquanto enigmatiche, conferendo un alone di incertezza a quanto successo. Si può pensare a un tentativo (riuscito), di dimostrare come lo spazio aereo potesse essere violato senza problemi da intelligenze “altre”, la cui origine non è di questo mondo, ma si entrerebbe nel campo della speculazione pura.

Ciò che chi scrive desidera osservare, è come, dinnanzi a casi di questo tipo, risulti assolutamente scorretto impostare la questione intorno alla domanda “credi nell’esistenza degli Ufo?”. Infatti, in casi come questo, non si tratta di “credere”: non siamo di fronte a fideismi di sorta, ad atti di fede, bensì a prove certe, tangibili, concrete, visibili da tutti coloro che vogliano accostarsi alla tematica con mente aperta.

di Umberto Visani

 

 

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